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Più che fratelli, fratelli coltelli. Cina e Russia sembrano sempre più una coppia che si fa i dispetti. E l’ultimo caso lo dimostra. La divisione russa della Bank of China ha sospeso le operazioni con gli istituti di credito dell’ex Urss sanzionati dagli Stati Uniti per evitare di essere colpita a sua volta da sanzioni secondarie. Per la Russia di Vladimir Putin si tratta di un duro colpo dal momento che la branch in questione, specializzata nei pagamenti in yuan tra Russia e Cina, è la seconda più grande filiale bancaria cinese nel Paese con 592,4 miliardi di rubli (6,7 miliardi di dollari) di asset alla primavera del 2024.

“Questa non è una buona notizia per il mercato russo”, ha commentato una fonte molto vicina al dossier. “Ci saranno costi aggiuntivi sia in termini di tempo che di prezzo per l’elaborazione dei pagamenti. Ma il problema più importante è che i pagamenti vanno oltre il settore bancario, con il risultato che lo Stato ha meno controllo”. Ora, è difficile dare una spiegazione a tutto questo, specialmente nel momento in cui, almeno a parole, Xi Jinping ha ribadito il suo sostegno a Mosca. Ma è proprio questo il punto, nonostante i buoni propositi, i fatti raccontano un’altra verità.

Molto del merito sembra essere riconducibile proprio alle cosiddette secondary sanctions, messe a terra dagli Stati Uniti ai primi di giugno. Tanto che Peter Harrell, che è stato direttore senior per l’economia internazionale della Casa Bianca tra il 2021 e il 2022, ha affermato che le nuove sanzioni rappresentano un “cambio di paradigma” che potrebbe portare a un “grande ritiro” delle restanti banche non occidentali che fanno ancora affari con la Russia.

Non bisogna mai dimenticare che il commercio tra Russia e Cina è salito alla cifra record di 240 miliardi di dollari nel 2023. Ma esso dipende quasi per tutto dalla regolarità dei pagamenti tra i due Paesi. Pagamenti che, come spesso raccontato da Formiche.net, sono finiti più volte in sofferenza proprio a causa della paura delle banche cinesi di finire invischiate nella rete delle sanzioni. Per questo Cina e Russia hanno deciso di ricorrere all’utilizzo di alcuni piccoli istituti di confine, che ad oggi sono ancora semi-sconosciuti ai radar. L’utilizzo delle banche nelle regioni di confine facilita anche lo spostamento degli intermediari che lavorano per conto delle aziende russe. Potrebbe essere l’ultima spiaggia.

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