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Nel 2014 gli sbarchi di migranti a Lampedusa si sono triplicati. Il 90% di chi fugge dalle guerre in Africa verso l’Europa vuole arrivare sulle coste italiane. Con il bel tempo il numero delle migrazioni cresce: negli ultimi cinque giorni ci sono stati circa 10 mila arrivi. Questa esplosione migratoria è causata anche e soprattutto dalla crisi in Libia.

RIDISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE 

Quando è caduto il regime di Muammar Gheddafi, la Libia ha puntato a diventare meta di investimenti stranieri. La promessa di una maggiore redistribuzione della ricchezza però non si è avverata. La delusione e la rabbia hanno fatto ripiombare nel caos il Paese, che ora è nelle mani di circa 300 diverse milizie.

In un’intervista a Formiche.net, l’imprenditore Dino Piacentini, presidente di Aniem, un’azienda italiana di costruzioni che lavora prevalentemente all’estero ed è presente in Libia, ha spiegato che a suo parere il più grande errore commesso in Libia è stato l’aver tolto ogni speranza di un domani migliore ai giovani libici.

DUE GOVERNI, DUE PAESI

In Libia era in corso una lotta di classe. Ora ci sono due governi, due visioni della Libia. In quel Paese – ha detto Piacentini il conflitto non si basa sul fatto se ci sia più Islam o meno Islam. Il governo di Tobruk rappresenta la parte più occidentale, incline al business, la popolazione più ricca, mentre il governo di Tripoli è il popolo, giovani e famiglie di lavoratori che sono cresciuti sotto la dittatura di Gheddafi e si sono trovati abbandonati, costretti a gestire una transizione democratica. Due mondi diversi in conflitto”. La vera minaccia in Libia, almeno al momento, non è un’invasione dei jihadisti dello Stato Islamico, ma la guerra di classe.

PAESE FRANTUMATO 

In un’analisi di Alberto Negri pubblicata oggi sul Sole 24 Ore si legge che la Libia sarebbe di fatto divisa almeno in tre parti. Il Paese è frantumato, con due governi, due parlamenti e centinaia di milizie: “Esistono almeno tre Libie, quella di Tobruk in Cirenaica con un governo di Abdullahi al Thani e del generale Khalifa Haftar, protetto e rifornito dall’Egitto. A Tripoli comandano le milizie islamiche di Alba Libica. In mezzo c’è il Califfato che ha tra i suoi alleati Ansar al Sharia che combatte in Cirenaica sventolando la bandiera nera di Isis”.

Un puzzle che rende l’idea di quanto sia divisa la Libia. Come questa realtà sia all’origine del fenomeno della migrazione è stato raccontato oggi da Guido Olimpio sul Corriere della sera. Le divisioni si identificano, soprattutto, con il controllo geografico: “Dall’altipiano desertico di Mangueni… a Sebha, nel sud della Libia. È qui che operano alcune delle organizzazioni coinvolte nel traffico di migranti diretti in Italia. Un gigantesco mercato dove gruppi e milizie si contendono, anche a colpi di mitragliatrice, il bottino”.

IL BOTTINO DESIDERATO

Secondo Alberto Negri, per le milizie libiche il mercato dei migranti da far partire verso l’Europa è “un’entrata economica sempre più importante in un Paese che non produce e non esporta quasi più petrolio”. Tutto ciò nonostante l’Eni sia fiduciosa nella risoluzione del conflitto e resti una delle poche compagnie operative sul territorio.

Poi, continua Olimpio, c’è il Zuwara: “In quest’ultima località agiscono bande legate alla minoranza berbera degli Amazigh”. Le milizie vicine al governo di Tripoli, come Farj, invece, concedono protezione e vendono petrolio sotto banco. A Misurata la situazione è simile: “Le milizie hanno in mano lo scalo, un complesso notevole, ma non si preoccupano troppo di quanto avviene lungo un paio di moli”, scrive l’inviato di esteri del Corriere della Sera.

Bengasi è controllata dai lealisti di Tobruk, con canali più discreti per il transito di chi arriva dall’oasi di Kufra. Qui si scontrano diverse etnie, i Tebu e i rivali Tuareg. Sul Wall Street Journal si spiega che i Tebu collaborano con il clan Ould Sklimade, mentre a Ghat, al confine con l’Algeria, operano i Tuareg.

POLITICA (EUROPEA) COMUNE

Cosa dovrebbe fare l’Europa per ridurre il numero di sbarchi in Europa? Per alcuni osservatori, “bombardare” le navi – prima o dopo la partenza – non risolverebbe il problema nel lungo periodo. Per farlo, il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha convocato domani un vertice straordinario per discutere il tema della migrazione dalla Libia.

Libia haftar

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