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Finalmente l’Italia ha passato il Rubicone dell’articolo 18 per aderire al Club europeo della Flexecurity. Così inizia un report di Mediobanca Securities a firma di Antonio Guglielmi. Ma è tutt’altro che un commento entusiasta quello dell’analista e della sua squadra, che nel documento analizza nel dettaglio gli effetti benefici in termini di risparmio di costi sui licenziamenti su ogni singola azienda quotata a Piazza Affari ed evidenzia alcuni rischi, come quello che qualcuno assumi e licenzi solo per incassare i benefici delle deduzioni Inps. Insomma, siamo ben lontani da un impianto normativo capace di far partire un’occupazione sana e duratura.

IL LAVORO SECONDO RENZI
“Il Jobs Act è stato approvato a dicembre 2014 – scrive Guglielmi – è si basa su quattro pilastri: un nuovo contratto a tempo indeterminato, la riforma dei contratti a termine, nuovi benefici per la disoccupazione e nuove regole sui licenziamenti che sostituiscono il diritto al reintegro con la compensazione economica. Il licenziamento è in media del 65% più economico dopo due anni di lavoro e del 35% dopo 5 anni. La strada stragiudiziale lo rende ancora più economico e taglia i 1185 giorni necessari oggi per applicare un contratto, il periodo più lungo dell’Eurozona, che in media viaggia su un valore della metà”.

QUANTE VALE IL JOBS ACT IN TERMINI DI PIL
La riforma del lavoro conta per il 25% della crescita totale del Pil per effetto del pacchetto promesso da Renzi, stimato in un 3,4-4% al 2020, di cui il 60% deriverà dalla produttività e il 40% dall’occupazione. “Il Jobs Act da solo produrrà un +0,9% di Pil in 5 anni e 150milla posti di lavoro dei 340mila che l’Ocse si aspetta dalle riforme di Renzi al 2020”, si legge nel report di Mediobanca Securities.

SE LE AZIENDE ASSUMONO PER INCASSARE LE DEDUZIONI INPS
Nel 2000 la proporzione tra contratti a termini e contratti a tempo indeterminato era del 25% contra il 75%, oggi è di 50 a 50 e il Jobs Act mira a tagliare la percentuale di contratti a termine rendendoli il 30% più costosi. “Ci vorranno tre anni per raccogliere i frutti di questa norma – si legge nel report di Mediobanca – ma la Legge di Stabilità per il 2015 ha introdotto deduzioni Inps solo per i nuovi assunti a tempo indeterminato nel 2015. L’esenzione più il taglio dell’Irap si tradurrà in benefici fiscali pari al 30% dello stipendio lordo in tre anni. Secondo il governo quest’anno ci saranno un milione di nuovi contratti a tempo indeterminato, una stima realistica secondo Mediobanca. Ma il rischio è che il Jobs Act incentivi le società ad assumere “solo per incassare i tagli una tantum dell’Inps e ridurre i costi di licenziamento. Stimiamo un profitto medio del 3% sul salario lordo in caso di licenziamento dopo un anno e del 20% dopo 3 anni”.

MONDADORI, ESPRESSO ED RCS LE Più AVVANTAGGIATE
Secondo l’analisi di Mediobanca, la società quotata a Piazza Affari che avrà il maggior risparmio in termini di benefici fiscali sarà Mondadori che combinando l’effetto del Jobs Act con il taglio dell’Irap avrà un taglio dei costi sul lavoro tale da produrre un balzo di quasi il 56% nell’utile per azione 2015. In generale il mondo editoriale festeggia: per L’Espresso l’impatto sull’eps sarà del 36% e per Rcs Mediagroup del 35,4%, seconda e terza della classifica delle più avvantaggiate tra le quotate. Ovviamente sono le aziende più labour intensive le maggiori beneficiare: tra queste Aeffe e Autogrill (rispettivamente +26,3% e +22,9%, come Finmeccanica). Leggermente più basso l’upside per Fca, +22,4%. La banca che ci guadagna di più è Creval (+18,2%), seguita da Banco Popolare (18,2%) e Bpm (18,1%); più in basso Banca Generali (6,6%). Tra le utility spicca Hera (+16,6%), seguita da A2a (15%) e Iren (12,4%). Mentre l’impatto è decisamente più limitato per Eni (0,4%), Enel Green Power (0,8%) e Prysmian (1,3%).

Finmeccanica, Banco Popolare e Mondadori. Chi brinda per il Jobs Act secondo Mediobanca Securities

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