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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Ester Corvi apparso su MF/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

L’accordo con l’Iran raggiunto lunedì 13 avrà fra gli effetti più importanti l’aumento dell’offerta di petrolio, causando una pressione al ribasso sui prezzi del greggio, in uno scenario globale di crescita asfittica. Riguardo alla tempistica, l’Unione europea valuterà, secondo quanto affermato ieri dal vicepresidente della Commissione europea, Maros Sefcovic, l’eliminazione delle sanzioni sulle esportazioni di petrolio iraniano fra la fine del 2015 e l’inizio del 2016.

COME SI MUOVERA’ IL CANE A SEI ZAMPE

Con quale impatto sui titoli quotati a Piazza Affari? Nel caso di Eni gli analisti di Equita sim, che hanno assegnato all’azione il rating hold (mantenere), con prezzo obiettivo 17 euro, ritengono che ci saranno riflessi sia positivi che negativi. Da un lato il gruppo guidato da Claudio Descalzi potrà ottenere il rimborso dei crediti commerciali incagliati (valutati 800 milioni) a causa dell’embargo, di solito rimborsati tramite forniture petrolifere, e potenzialmente potrà fare nuovi investimenti in Iran. Dall’altro risentirà del calo atteso del prezzo del Brent nel medio termine, a causa del ritorno sulla scena di un produttore Opec così importante.

NUMERI E STIME

Gli specialisti della sim mettono in evidenza che Teheran, dopo l’introduzione delle sanzioni, ha perso oltre un milione di barili al giorno di produzione, che potrebbero essere solo in parte recuperati grazie agli investimenti delle compagnie estere nel settore. Nei 12-18 mesi successivi alla rimozione dell’embargo le esportazioni sono stimate 300-500 mila barili al giorno, mentre il petrolio in stoccaggio nel Paese è intorno 30 milioni di barili.

CHE SUCCEDE ALLE ALTRE ITALIANE

Sempre nel settore petrolifero, fra le società italiane che possono beneficiare maggiormente della ripresa delle attività commerciali e degli investimenti per l’ammodernamento dell’industria, gli esperti segnalano Saipem, Tenaris e Danieli. Nel caso di Saras, invece, la riapertura dell’export iraniano e la conseguente pressione sul prezzo del petrolio dovrebbero spingere i margini di raffinazione.

L’IMPATTO SULLE SMALL CAP

Passando agli altri titoli quotati, Equita ricorda in primo luogo che l’accordo potrebbe riaprire un mercato interessante per le aziende italiane, con un impatto stimato da Sace sull’export di 2-3 miliardi. Fra le small cap, cioè i titoli a piccola capitalizzazione, Landi Renzo e Sabaf hanno le maggiori chance. Storicamente hanno derivato quote significative del fatturato dall’Iran, che prima delle sanzioni arrivavano al 10-12% per Landi e al 6-7% per Sabaf, fortemente ridimensionate dall’embargo (1-2%).

LE PREVISIONI SU SARAS

Se da piazza Affari si passa ai listini esteri, gli analisti di Barclays, che prevedono un incremento della produzione iraniana di 200 mila barili al giorno nel quarto trimestre 2015 dai livelli del secondo trimestre e ulteriori 400 mila barili al giorno entro il quarto trimestre 2016, si aspettano un effetto positivo sui margini reddituali delle compagnie di raffinazione, a causa del minore prezzo del greggio, con in prima fila Motor Oil e Repsol, oltre al Saras, che è il titolo preferito.

GLI EFFETTI SUI GRANDI GRUPPI INTEGRATI

Anche le big oil, cioè i grandi gruppi integrati, come Royal Dutch Shell, Bp e Total potranno in futuro trarre vantaggio dalla possibilità di ritornare a investire in Iran. Nel caso del colosso inglese guidato da Ben van Beurden, gli esperti dell’investment bank ritengono che l’interesse della compagnia sarà focalizzato inizialmente, anche se non in maniera esclusiva, sulle risorse di gas, visto che potrebbe così realizzare il progetto del gasdotto Iran-Oman che i governi dei due Paesi hanno siglato lo scorso anno. L’impatto a breve termine dell’eliminazione delle sanzioni consisterà invece in pagamenti per 2,2 miliardi, non rilevanti sul bilancio ma significativi sul capitale circolante. Considerando questi aspetti, il rating sul titolo è positivo (overweight) con prezzo obiettivo 2.850 pence.

FOCUS SU BP E ROYAL DUTCH

Giudizio favorevole anche su Bp (overweight con target 560 pence) che in Iran ha una storia lunga ma contrastata. Il gigante francese Total ha invece un track record di successo con Teheran, visto i progetti già sviluppati. Come nel caso di Royal Dutch Shell, nonostante i programmi già portati avanti nel settore petrolifero (Sirri e Dorood), il focus sarà sulle risorse di gas, dove ha già in corso alcune attività in fase avanzata (South Pars e Petronas). Infine, nel caso della compagnia Statoil (rating neutrale e prezzo obiettivo 180 corone), il ritorno in Iran non è una priorità rispetto ai competitor, dati i progetti già in corso in Norvegia.

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