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La Nato ambisce oggi a consolidarsi come un’Alleanza dalla proiezione e dal respiro globale, capace di operare in qualsiasi teatro strategicamente rilevante per la sicurezza del proprio territorio e per la stabilità delle sue frontiere. A partire da questo obiettivo generale, l’Alleanza Atlantica ha riorientato la propria postura strategica su più livelli: dal fronte interno, con un rinnovato focus sull’apporto economico, politico e militare degli Alleati, al fronte esterno, con una rinnovata volontà di proiezione e capacità operativa nei confronti delle minacce emergenti. La trasformazione in corso è parte di un processo più ampio, che coinvolge anche l’evoluzione del ruolo dell’Europa all’interno dell’Alleanza, non solo come partner, ma come attore politico e militare in grado di assumersi maggiori responsabilità a livello internazionale. In questo contesto, la deterrenza collettiva della Nato e dei suoi Stati membri è destinata a rafforzarsi. A ciò si aggiunge la necessità di sviluppare nuovi metodi di supporto all’Ucraina che siano più snelli ed efficaci, in modo da garantire una risposta continuativa alla minaccia russa e contribuire alla stabilità del fianco orientale. La sicurezza dell’Ucraina, infatti, riveste un’importanza strategica decisiva per l’integrità della difesa europea. In parallelo, diventa fondamentale un’attenzione crescente alle catene di approvvigionamento e alle capacità industriali della difesa: aspetti considerati cruciali per assicurare la prontezza militare e la resilienza dei sistemi nazionali e dell’Alleanza nel loro complesso. Di fronte alla persistente minaccia russa, la Nato è chiamata non solo a rispondere, ma anche a prepararsi in modo strutturale e integrato, rafforzando la base industriale e adattando la propria architettura logistica alle esigenze di uno scenario a lungo termine. 

Washington ridimensiona, l’Alleanza cresce. Verso un nuovo burden sharing

David Perry, presidente del Canadian Global Affairs Institute, ha osservato come “il ruolo degli Stati Uniti sia destinato a ridursi, ma che questo non debba essere interpretato come un disimpegno. Al contrario, si tratterebbe di una conseguenza diretta del maggiore coinvolgimento degli altri Stati membri dell’Alleanza”. Secondo Perry, “la convergenza strategica attorno al teatro iraniano e il nuovo obiettivo condiviso del 5% rappresentano, allo stato attuale, due importanti successi per Washington”. Il riequilibrio del burden sharing avrà effetti concreti sulla distribuzione degli oneri finanziari e strategici, e porterà a una ricalibratura delle modalità di spesa per la difesa, aprendo a un maggiore coinvolgimento delle imprese e del mercato industriale della difesa all’interno dello spazio Nato. 

Più deterrenza, meno dipendenza. Il nuovo equilibrio atlantico

In linea con questa analisi, Luis Simón, senior fellow e direttore dell Elcano Royal Institute a Bruxelles, sottolinea come il messaggio emerso dal vertice Nato sia quello di un impegno collettivo e reciproco, che parte dagli Stati Uniti ma coinvolge pienamente tutti gli Alleati. Il sostegno coerente e continuativo all’Ucraina e la conferma dell’attenzione strategica verso l’Indo-Pacifico testimoniano la volontà di sviluppare una postura globale, mantenendo però al centro l’integrità e la sicurezza dell’area euro-atlantica. In particolare, secondo Simón, la “percezione della sicurezza europea è profondamente cambiata dopo l’aggressione russa del 2022”, e questo mutamento ha già cominciato a ridefinire l’organizzazione interna e l’apporto degli Stati membri alla Nato. All’interno di questa dinamica, “Germania e Polonia rivestiranno un ruolo centrale nel rafforzamento della difesa convenzionale europea”, in virtù della loro posizione geografica e del coinvolgimento diretto nel fronte orientale.

Il nuovo ciclo strategico dell’Alleanza

Infine, Anna Wieslander, direttrice per l’Atlantic Council dell’area Northern Europe, ha evidenziato come l’ultimo summit Nato sia stato caratterizzato da “comunicati insolitamente brevi, ma al tempo stesso da decisioni considerate tra le più rilevanti dalla fine della Guerra Fredda”. Secondo Wieslander, “per l’Alleanza si apre così una nuova fase, in cui la dimensione militare dell’Alleanza tende a prevalere su quella politica”. Il rinnovato impegno statunitense è evidente, ma con esso emerge anche l’esigenza di un maggiore contributo da parte degli alleati europei. In questo contesto, la riflessione si estende anche al piano interno: “non basterà aumentare la spesa, ma occorrerà lavorare su nuove forme di sensibilizzazione e coinvolgimento della popolazione civile” – in particolare dei giovani – rispetto alla direzione politica e strategica intrapresa. Si tratta di un passaggio delicato, ma fondamentale per garantire legittimità democratica, coesione sociale e consenso duraturo attorno alle trasformazioni in atto.

 

L’aumento del budget e la responsabilità condivisa. Quale Nato dopo il Summit

Nel contesto di una Nato sempre più orientata a una proiezione globale, il recente riorientamento strategico dell’Alleanza si muove su più assi: deterrenza rafforzata, supporto strutturale all’Ucraina, industrializzazione della difesa e ridefinizione del burden sharing con il nuovo obiettivo del 5%. La Germania e la Polonia si profilano come attori chiave del fronte orientale, mentre gli Stati Uniti, pur contenendo il proprio ruolo diretto, puntano a un’Alleanza più bilanciata. Resta aperta la sfida politica del consenso interno e della mobilitazione civile, soprattutto in Europa, per legittimare il salto di qualità dell’Alleanza in una fase di mutamento sistemico. Le riflessioni finali del Nato Public Forum

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