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Governativi contro ribelli. Filo-renziani contro anti-renziani. Sostenitori a oltranza del patto col Pd contro teorizzatori di un ritorno al centrodestra. Le scosse di terremoto interne al Nuovo Centrodestra sono tutte riconducibili a una sola faglia, quella apertasi nel rapporto con Matteo Renzi. Prima l’elezione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dove il premier ha privilegiato l’asse con le minoranze Pd, poi il pressing per fare dimettere Maurizio Lupi da ministro delle Infrastrutture dopo la pubblicazione delle intercettazioni nell’inchiesta sulle grandi opere. Morale: dentro Ncd la fronda degli anti-governativi si fa sempre più consistente e sul banco degli imputati ci finisce il leader e ministro degli Interni, Angelino Alfano, ritenuto troppo accondiscendente con Renzi. Ecco fatti, parole e ricostruzioni.

LA PROTESTA PARTE DA MILANO

Le proteste più rumorose contro la permanenza nel governo Renzi arrivano dai territori. Lontano dai palazzi romani, sono alcuni amministratori e dirigenti del nord Italia a chiedere un cambio di passo. Lo ha fatto ieri su Formiche.net Nicolò Mardegan, coordinatore milanese di Ncd, che ha usato parole durissime contro Alfano chiedendogli di mollare il governo o in alternativa traslocare nel Pd. Lo hanno fatto, seppure con toni diversi, anche il capogruppo in Regione Lombardia Luca Del Gobbo e il consigliere regionale Stefano Carugo intervistati da Tempi.it. E sempre per restare alla Lombardia, a parlare di “irritazione per il doppiopesismo di Renzi” è l’ex governatore Roberto Formigoni, ora senatore, che ritiene vada messa in discussione la presenza di Ncd al governo.

INSOFFERENZA VERSO ALFANO

Tra i più innervositi con Alfano, più o meno esplicitamente, le cronache dei giornali fanno i nomi dei senatori Carlo Giovanardi e Maurizio Sacconi, dimessosi da capogruppo roprio per la subalternità a Renzi nell’elezione del Capo dello Stato, quindi del deputato Fabrizio Cicchitto. Ed è anche tutta l’area cattolico-ciellina ad essere in fibrillazione dopo l’uscita dal governo di Lupi, a partire dal deputato Raffaello Vignali. “Ora più che mai bisogna aprire una riflessione vera sulla nostra capacità di incidere, altrimenti diventeremo sempre più residuali” dice a la Stampa il viceministro alla Giustizia, Enrico Costa, mentre via Twitter il vicepresidente del Copasir Giuseppe Esposito a invoca le dimissioni dei 4 sottosegretari del Pd indagati.

DE GIROLAMO SCATENATA

Alla guida dei barricaderi c’è infine l’ancora per poco capogruppo alla Camera, Nunzia De Girolamo, ribattezzata da Dagospia “Nostra Signora del Sannio”. Ieri dalle colonne di Repubblica è stata tranchant: “Voglio capire qual è l’identità del mio partito. Non possiamo essere lo scendiletto di Renzi o il partito delle poltrone di pochi da ricollocare”. Quindi l’affondo ad Alfano: “La linea del mio partito non è chiara. Siamo di centrodestra o di centrosinistra? Se diventiamo predellini di un Pd sempre più arrogante o degli organismi geneticamente modificati non mi va più bene”, per questo “chiedo un congresso straordinario del mio partito”.

LA DIFESA DI ALFANO

In mattinata dalle pagine del Corriere della Sera il segretario di Ncd Alfano ribadisce che “non c’è il motivo di uscire dal governo”, perché né Renzi né i suoi “hanno mai detto una parola negativa nei confronti di Lupi”. Poi nel pomeriggio da Rivisondoli (Aquila) dove la Fondazione Magna Carta del coordinatore nazionale Gaetano Quagliariello organizza una due giorni di formazione politica per i giovani, Alfano cerca (invadi spegnere le polemiche: “Noi resteremo in questo governo finché si faranno le cose che diciamo noi: abbiamo realizzato tanto di cui andare fieri. Vogliamo andare avanti come abbiamo fatto fino a qui, realizzando le cose alle quali abbiamo creduto”. E a chi invece sogna di tornare a riunire il centrodestra con Forza Italia dice: “Dopo che siamo riusciti a diventare una forza autonoma ed indipendente, chiunque può togliersi dalla testa di prenderci con le orecchie basse e di riportarci nel vecchio centrodestra. Vogliamo costruire una nuova casa politica. Per farlo ci vorrà tempo e fatica”.

IL RUOLO DEI MERIDIONALI

A parte la De Girolamo, è l’area meridionale del partito – quella che più pesa in termini di voti – a propendere per restare con Renzi. Non a caso il capogruppo al Senato, il palermitano Renato Schifani, ha chiarito che dopo il passo indietro di Lupi “non ci sarà nessun ridimensionamento nella nostra presenza nel governo: è interesse del presidente del consiglio e dell’intera maggioranza”. Su questa linea c’è anche la sottosegretaria allo Sviluppo economico, Simona Vicari, palermitana pure lei. Dunque, tutti compatti al governo; e se anche ci dovessero essere scissioni, ci penserebbe il drappello di senatori meridionali controllati dal calabrese Antonio Gentile a garantire i voti per tenere in piedi l’esecutivo a Palazzo Madama. In Campania, invece, c’è chi vuole addirittura ripetere l’alleanza col Pd pure a livello locale, come il fedelissimo (e omonimo) di Alfano, ossia il coordinatore regionale e sottosegretario alla Difesa, Gioacchino Alfano.

Dulcis in fundo, la ministra alla Sanità Beatrice Lorenzin, romana, è talmente fedele alla linea pro-Renzi che si vocifera addirittura, come riportano numerose indiscrezioni di stampa, di un suo futuro passaggio al Pd.

Ncd, tutte le fibrillazioni dopo il caso Lupi

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