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Il rancore è una brutta bestia: fa perdere equilibrio e serenità. È quello che sta capitando da tempo a Massimo D’Alema, specie da quando non è stato voluto da Renzi come Mister Pesc. Da allora, quelle che erano delle ironiche stilettate di D’Alema verso il renzismo sono diventate progressivamente delle brutali randellate. Le parole che l’ex premier ha rovesciato sul premier nel corso dell’assemblea odierna della minoranza del Pd testimoniano di una stato d’animo alterato nei confronti del presidente del Consiglio e segretario del Pd.

Eppure un concetto espresso dall’ex premier può essere utile per quello che sta avvenendo in queste ore, a partire ma non solo dalle dimissioni di Maurizio Lupi. Ecco le parole di D’Alema: “Essere un’unica grande forza politica comporta un inevitabile risucchio al centro, fa del Pd la più grande macchina redistributrice del potere e conferisce al Pd la forza di attrazione del trasformismo italiano”.

Magari qualcuno penserà: riecco i nostalgici degli eterogenei governi di colazione tanto compositi quanto imbelli. Forse, eppure ora la situazione è la seguente: il Pd non ha vinto le elezioni, il premier non è mai stato eletto o indicato nei seggi elettorali bensì nei gazebo del Pd alle primarie, la legge con cui è stato eletto questo Parlamento è stata giudicata incostituzionale dalla Consulta. Come si vede, c’è ben poco di normale.

Inoltre, nato con una maggioranza tra Pd, Ncd, Udc e Scelta Civica, l’esecutivo Renzi si sta trasformando in una sorta di monocolore Pd, come scrive oggi Stefano Folli su Repubblica, che però assicura: con le dimissioni di Lupi il governo si rafforza. Lo vedremo.

Di certo, lo strabismo rottamatorio di Renzi (che fa dimettere un ministro non indagato e lascia nei ministeri almeno 4 sottosegretari indagati) subisce smottamenti giustizialisti rispetto a un garantismo molto sbandierato e sovente applicato (come nel caso di Vincenzo De Luca). E il diserbante con cui Renzi ha liquidato Lupi azzoppa la forza di Area Popolare, visto che l’ex ministro Lupi aveva una sicura e solida base elettorale, anche rispetto ad altri esponenti di spicco del suo partito, sta suscitando moti di fastidio nel Nuovo Centrodestra, come dimostrano ad esempio le parole di Nicolò Mardegan, coordinatore milanese di Ncd. Anche lo sfarinamento di Scelta Civica, dopo l’adesione al Pd renziano di 8 senatori, rinvigorisce certamente la componente riformatrice del Nazareno ma sta innescando reazioni infastidite nel gruppo parlamentare della Camera degli ex montiani.

Inoltre, considerando che nel corpaccione centrale, parlamentare e periferico del Pd di sicuro non abbondano i renziani, anzi, una domanda sorge spontanea: Renzi è soprattutto un uomo solo al comando o anche un uomo solo attorniato da yes men e finti renziani?

Tutte le pene del ganzo Renzi

Il rancore è una brutta bestia: fa perdere equilibrio e serenità. È quello che sta capitando da tempo a Massimo D'Alema, specie da quando non è stato voluto da Renzi come Mister Pesc. Da allora, quelle che erano delle ironiche stilettate di D'Alema verso il renzismo sono diventate progressivamente delle brutali randellate. Le parole che l'ex premier ha rovesciato sul…

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