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Anche la Cina è stata protagonista del G7 italiano, su questo ci sono pochi dubbi. Il giorno dopo il per nulla scontato, e per questo fondamentale, accordo sull’uso dei beni russi per garantire il prestito da 50 miliardi all’Ucraina, i Grandi della Terra hanno rivolto le loro attenzioni a un altro convitato di pietra, la Cina. E qui, nelle ore in cui a Pechino prepara la risposta ai dazi dell’Europa sulle auto elettriche (nel mentre è partito un ricorso al Wto), il messaggio partito da Borgo Egnazia con destinazione Dragone è inequivocabile. La Cina deve smetterla di giocare sporco e portare avanti politiche di che di commerciale hanno ben poco.

In tal senso i leader del G7 convenuti in Puglia hanno denunciato la “sovracapacità produttiva della Cina, che sta inondando i mercati occidentali con prodotti sovvenzionati a basso costo”, si legge in un passaggio di una dichiarazione provvisoria, che verosimilmente andrà a incastonarsi nello statement finale. I Grandi, in particolare, hanno espresso “preoccupazione per politiche e pratiche non di mercato” che portano a “conseguenze globali, distorsioni di mercato e a una dannosa sovracapacità in un numero crescente di settori”.

Che il G7 andasse nella direzione di un nuovo monito alla seconda economia globale, era stato chiaro fin dalle prime ore del mattino. Quando, dal canto suo, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aveva indicato come sia interesse del G7 e non solo dell’Europa confermare la linea del de-risking, ovvero ridurre i rischi di dipendenza dalla Cina. Alternativa questa al disaccoppiamento industriale e tecnologico e basata su dazi mirati e chirurgici per convincere la Cina a impegnarsi a garantire parità di condizioni nei rapporti commerciali. Tutto questo per ribadire un concetto: l’Occidente non è disposto a farsi travolgere dalla sovracapacità produttiva cinese.

La dichiarazione conclusiva, arrivata in serata, ha poi ammorbidito i toni. “Con la Cina cerchiamo relazioni costruttive e stabili e riconosciamo l’importanza di un impegno diretto e schietto per esprimere preoccupazioni e gestire le differenze. Agiamo nel nostro interesse nazionale”, hanno scritto i Grandi, ma “dato il ruolo della Cina nella comunità internazionale, la cooperazione è necessaria per affrontare le sfide globali e continuiamo a impegnarci in aree di interesse comune. Chiediamo alla Cina di intensificare gli sforzi per promuovere la pace e la sicurezza internazionale e di collaborare con noi per affrontare le crisi climatiche, di biodiversità e di inquinamento, combattere il traffico illecito di droghe sintetiche, garantire la stabilità macroeconomica globale, sostenere la sicurezza sanitaria globale e affrontare le situazioni più vulnerabili” tra cui vanno anche annoverate “la sostenibilità del debito e le esigenze di finanziamento dei Paesi”.

Ma c’è un secondo messaggio pervenuto dal resort pugliese. Stavolta però i destinatari sono due. Uno è ancora Xi Jinping, l’altro è il suo alleato non troppo di ferro, Vladimir Putin. E qui più che le auto elettriche, il nocciolo è il petrolio. “I leader dei Paesi del G7 si impegneranno a inasprire il tetto massimo del prezzo del petrolio russo e ad aumentare la pressione sui futuri progetti energetici della Russia”, recita un passaggio di un’altra dichiarazione destinata a finire nello statement conclusivo. “Continueremo a esercitare una pressione significativa sulle entrate russe provenienti dall’energia e da altri prodotti di base”. I Paesi del G7 promettono inoltre di adottare misure per combattere “l’uso da parte della Russia di pratiche marittime alternative ingannevoli per eludere le nostre sanzioni attraverso la sua flotta ombra“.

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