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Ancor più paradossale ed improponibile oltre ad una serie di provvedimenti di legge sulle pensioni di chiaro significato anticostituzionale, è l’ipotesi di riforma, avanzata dal prof. Tito Boeri, neo-Presidente INPS, che consisterebbe nel ricalcolare le vecchie pensioni liquidate con il meccanismo del calcolo retributivo, secondo la normativa in vigore, applicando ad esse (ora per allora) il meccanismo di calcolo interamente contributivo: sul differenziale tra pensione retributiva reale (verosimilmente di importo maggiore) e pensione contributiva teorica, circa il 20% verrebbe sottratto ai legittimi percettori delle pensioni retributive in atto per essere destinato in modo permanente ad alimentare un “Fondo di solidarietà intergenerazionale” finalizzato a corroborare le anemiche pensioni dei futuri pensionati soggetti a meccanismo di calcolo contributivo (cioè i dipendenti assunti dal 1/01/1996 in poi). Il nuovo calcolo dovrebbe riguardare solo le pensioni retributive superiori ad un certo importo (2000-3000 € lordi/mese) e dal taglio operato dovrebbe derivare un risparmio sulla spesa previdenziale di circa 4 mld di €/anno, sempre secondo il prof. Boeri.

(la prima parte dell’approfondimento si può leggere qui)

Occorre tuttavia considerare che:
– per ricalcolare le pensioni retributive in godimento (in particolare nel pubblico impiego) applicando ad esse il calcolo contributivo, bisognerebbe conoscere nel dettaglio tutti i contributi (anche risalenti a 50–60 anni fa) versati in capo ai singoli pensionati durante la loro pregressa vita di lavoro, cosa impossibile e velleitaria tenendo anche conto, per le professioni sanitarie, che è stato modificato nel tempo l’assetto giuridico dell’ente datore di lavoro (enti ospedalieri, USL, ASL, ecc.);
– individuati i contributi volontari versati, andrebbero poi applicati la rivalutazione sui montanti ed i coefficienti di trasformazione, anch’essi mutati nel tempo: tutte cose, dal punto di vista attuariale, pressoché irrealizzabili;
– verrebbero così disattesi non solo generiche “aspettative previdenziali”, cioè le pensioni del proprio futuro, ma proprio i diritti acquisiti e consolidati dei già pensionati, il cui assegno pensionistico è stato correttamente calcolato e formalizzato ormai da anni.

A parte il fatto che il calcolo delle pensioni retributive comprende già meccanismi calmieranti sulla misura delle future pensioni (rendimenti previdenziali decrescenti al crescere della retribuzione goduta; adozione di tetti e medie; riduzione progressiva della percentuale di indicizzazione sulle fasce di importo crescente della pensione), l’ipotesi in esame non solo discriminerebbe all’interno di omogenee categorie di pensionati con diversa misura di pensione, ma comunque di tipo ugualmente retributivo, ma avrebbe anche una natura impropriamente tributaria, poco importa se con l’obiettivo di ridurre la spesa o, indirettamente, di realizzare un maggior gettito.

(2/continua)

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