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Elezione del Capo dello Stato. La tattica dei contraenti del Patto del Nazareno è evidente: nelle prime tre votazioni si procede con la scheda bianca o con le candidature di bandiera. Quando si arriva alla quarta si mettono le carte in tavola e Forza Italia vota il candidato (o la candidata) di Matteo Renzi. Potrebbe, però, sorgere un problema: che cosa succederebbe se la sinistra del Pd, insieme al Sel, agli ex grillini (e magari con la convergenza dei fittiani) riuscisse a  concentrare, fin dall’inizio, un bel pacchetto – crescente –  di voti su di un candidato considerato ostile dal Patto, dimostrando a Renzi che, spostando su quel nome tutti i voti del Pd, quel candidato potrebbe passare? Una volta votata la legge elettorale al Senato, la funzione di Forza Italia, alla Camera, è ininfluente. E alla minoranza del Pd potrebbe bastare di avere messo in crisi il Patto famigerato nella elezione del presidente della Repubblica, visto che, sulla legge elettorale ha già ottenuto parecchio e che la storia delle preferenze non sta in piedi.

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Su di un importante quotidiano è uscito un intero ‘’foglio’’ in cui erano pubblicati gli elenchi nominativi dei deputati e dei senatori del Pd (e dintorni) con a fianco l’indicazione delle loro intenzioni di voto (ok, no, a rischio) per il candidato al Colle che sarà indicato da Matteo Renzi.  Siamo già alle liste di proscrizione?

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Avevamo notato una certa ritrosia del governo e dei partiti della maggioranza nel difendere la riforma delle pensioni del ministro Elsa Fornero quando era sotto attacco del quesito referendario della Lega e la Consulta doveva ancora pronunciarsi sulla sua ammissibilità. Era facile allora arrivare alle seguenti conclusioni: l’establishment era consapevole che la Corte Costituzionale non avrebbe fatto passare quel referendum in evidente contrasto con quanto disposto dall’articolo 75 della Carta; ma se anche fosse avvenuto il contrario, tutto sommato, non sarebbe stato male perché ciò avrebbe dato modo al Parlamento di avvalersi dell’alibi di evitare il referendum per cambiare quella legge, anche assumendosi gli oneri per le finanze pubbliche che ne sarebbero derivati.

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Non è un caso, dunque, che quando la Corte ha bocciato il quesito, i tg abbiano dato grande spazio al turpiloquio di Matteo Salvini, mentre, a difesa della legge, ha parlato solo Elsa Fornero (e chi scrive). In generale, la valorosa classe politica che ci rappresenta ha scelto la linea di un assordante silenzio, lasciando immaginare, in fondo, un po’ di delusione. Ecco, allora, che, ‘’dagli atri muscosi e dai fori cadenti’’ in cui era stato relegato, ricompare il ministro Giuliano Poletti sostenendo che il sistema pensionistico ha bisogno di flessibilità, ripescando la grande mistificazione degli ‘’esodati’’ (già tutelati da ben sei onerosi interventi di salvaguardia) e dimenticando che, nella legge di stabilità, fino a tutto il 2017, si è già provveduto al ripristino del pensionamento di anzianità (abrogando quel simulacro di penalizzazione economica prevista). Se il governo ha l’intenzione di risolvere taluni problemi del mercato del lavoro dando corso ad un’importante iniziativa di prepensionamenti, lo dica espressamente. Ma ad avanzare sarà solo ‘’il vecchio’’.

Il sogno di vendoliani, ex grillini, sinistri pd e fittiani sul Quirinale

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