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“Certamente si deve mettere queste persone nelle condizioni di non nuocere più. Si devono controllare gli eventuali legami con organizzazioni criminali e si devono disarticolare le reti terroristiche. Ma questo sforzo repressivo, seppur doveroso, non serve a nulla se in prospettiva non si lavora a livello educativo. Anche noi dobbiamo conoscere meglio la religione islamica, che non può essere identificata con il terrorismo”.

“BISOGNERA’ ATTENDERE ANNI PER UN’EVOLUZIONE POSITIVA”

A parlare, in un’intervista su Avvenire a firma di Gianni Cardinale, è il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso, grande conoscitore dell’islam, e da poco nominato Camerlengo di Santa Romana Chiesa. Punta sull’educazione necessaria, Tauran, aspetto sul quale concordano – osserva – anche gli imam francesi da lui incontrati giovedì scorso. Il porporato si sofferma anche sullo stato del dialogo con la realtà musulmana: “Abbiamo incontri regolari con alcune istanze. Permangono tuttavia problemi per la libertà religiosa in alcuni Paesi a maggioranza islamica, e rimane tuttora interrotto il dialogo con l’Università al-Azhar del Cairo”. Quanto agli esiti delle primavere arabe, “bisognerà forse attendere una nuova generazione per vedere un’evoluzione positiva”.

LA CONDANNA DEL PAPA PER “L’ORRIBILE ATTENTATO”

La prima reazione della Santa Sede alla strage nella redazione di Charlie Hebdo era stata una nota del portavoce, padre Federico Lombardi, che dava conto della “più ferma condanna per l’orribile attentato” espressa dal Papa. “Qualunque possa esserne la motivazione, la violenza omicida è abominevole, non è mai giustificabile, la vita e la dignità di tutti vanno garantite e tutelate con decisione, ogni istigazione all’odio va rifiutata, il rispetto dell’altro va coltivato”, proseguiva la nota. Il giorno dopo, di primo mattino, Francesco tornava su quanto accaduto a Parigi durante la messa a Santa Marta: “L’attentato di ieri ci fa pensare a tanta crudeltà, crudeltà umana; a tanto terrorismo, sia isolato sia di Stato”. A stretto giro, un comunicato congiunto del presidente del Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso, il cardinale Tauran, con gli imam francesi ricevuti a Roma, riaffermava la necessità di procedere sulla strada del dialogo.

IL PROBLEMA DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO

Su Formiche.net, l’intellettuale cattolico Benedetto Ippolito ha osservato come “il problema del fondamentalismo islamico è non solo che alcuni gruppi ne danno un’interpretazione molto politica, ma che addirittura ne trasformano la natura in una politica religiosa. Quando, come nel caso di Al Qaida, si incita alla violenza e al martirio contro l’Occidente, spedendo aerei kamikaze contro i palazzi, e quando, come l’Isis, si fonda uno Stato islamico fondamentalista e crudele che invia suoi emissari in giro per il mondo a seminare odio e terrore, ormai non si ha più a che fare con una religione, ma con una fede politica atea e disumana che va estirpata dal mondo”.

“LA SANA AUTOCRITICA CHE MANCA”

A giudizio dell’islamologo Samir Khalil Samir, padre gesuita, la responsabilità è di quanto gli imam insegnano nelle moschee. Quel che servirebbe, dice, è “una sana autocritica, ma non la fanno, tacciono quando nel nome dell’islam viene commesso qualcosa contro gli altri. E allora è inutile dire che si sentono oppressi e inferiori. In parte è vero, ma che fanno per cambiare questa condizione? Nulla. Non è l’occidente che li ha messi in quella situazione, ma sono loro che ci si sono infilati, andando a rovinare la reputazione di tutti i musulmani che desiderano solo vivere in pace con tutti”.

L’ULTIMA GRANDE VISIONE PROSPETTICA DELLA CHIESA RISALE AL 2006″

Torna con la memoria al 2006, alla lectio di Ratisbona di Benedetto XVI, il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister: “Le ultime grandi visioni prospettiche dei vertici della Santa sede purtroppo si fermano al 2006, alla memorabile lezione di Ratisbona di Benedetto XVI, che invocò anche per il mondo musulmano, come già avvenuto per il cristianesimo, una sorta di “rivoluzione” illuministica, a partire dal rispetto dei diritti delle persone. Il cammino avviato dal papa fu interrotto dall’interno della Chiesa”, ha commentato in un’intervista a Italia Oggi.

“LA STRADA DEL DIALOGO, O MEGLIO, LA RETORICA DEL DIALOGO”

Ratzinger, ha aggiunto Magister, fu bloccato “innanzitutto per paura, per paura di morti cristiani, che poi effettivamente ci sono stati. E poi perché si preferiva la strada del dialogo, o meglio la retorica del dialogo, a tutti i costi che, alla prova dei fatti, si è tradotto in un dialogo puramente cerimoniale, che non ha prodotto risultati. Agli inizi del 2015 però c’è stata una straordinaria quanto inaspettata apertura al percorso indicato da papa Benedetto proprio da un leader islamico”, il presidente egiziano al-Sisi.

Ecco come Papa Francesco e intellettuali cattolici giudicano il terrorismo islamico

“Certamente si deve mettere queste persone nelle condizioni di non nuocere più. Si devono controllare gli eventuali legami con organizzazioni criminali e si devono disarticolare le reti terroristiche. Ma questo sforzo repressivo, seppur doveroso, non serve a nulla se in prospettiva non si lavora a livello educativo. Anche noi dobbiamo conoscere meglio la religione islamica, che non può essere identificata…

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