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Quella della Lega Nord in Emilia-Romagna può essere una “fiammata” e non è affatto detto che dopo questo voto Matteo Salvini abbia conquistato la leadership del centrodestra. Parola di Piero Ignazi, politologo, docente all’Università di Bologna ed editorialista de l’Espresso e Repubblica, che commenta con Formiche.net il risultato delle elezioni lungo la via Emilia.

Professor Ignazi, partiamo dall’affluenza. Un tale crollo, con appena il 37,70% dei votanti, non se lo aspettava davvero nessuno?

E’ un fatto clamoroso oltre che storico, una delle più basse percentuali mai registrate nelle elezioni regionali in tutta Italia. Che questo sia accaduto nella regione che ha sempre conteso alla Toscana la palma per il maggior numero di votanti, è un elemento di grandissimo rilievo. Nessuno aveva previsto un crollo del genere, io per primo pensavo che la partecipazione sarebbe comunque arrivata attorno al 50%, mai sotto al 40%.

Quali le cause?

Innanzitutto quelle generali: le elezioni si tenevano soltanto in due regioni, quindi senza un traino nazionale, con scarsi investimenti dei leader nazionali nella campagna elettorale fatta eccezione per Salvini, inoltre in un trend di affluenza al voto costantemente in calo da diversi anni. Oltre a questo, bisogna anche considerare il fatto che gli elettori di centrosinistra sono stati chiamati alle urne in regione per la quinta volta in meno di due anni, tra elezioni vere e primarie di ogni tipo. Una sorta di mobilitazione continua che sta mostrando segnali di stanchezza. Poi ci sono le cause specifiche, a partire dall’ondata di malcontento e sfiducia creata dall’inchiesta sulle spese in consiglio regionale.

Con questi numeri, Stefano Bonaccini è un presidente di Regione azzoppato o non pienamente legittimato, nonostante la vittoria netta col 49,05%?

Non sono d’accordo con questa valutazione. Basta anche un solo voto in più dell’avversario per vincere. Quindi ha vinto Bonaccini, punto e basta; peraltro anche con una percentuale non bassissima. Non ha bisogno di alcun altra ulteriore legittimazione, e non saprei chi potrebbe dargliela.

Tutti parlano dell’exploit della Lega Nord; rispetto al 2010 ha perso 56.168 voti, guadagnando però 6 punti. Qual è la sua analisi?

La Lega ha fatto un buon risultato, passando dal 13% del 2010 al 19%, ma non è stato chissà quale cambiamento. Piuttosto, è stata Forza Italia ad aver perso veramente. Il centrodestra oggi è in evoluzione proprio perché quello di Berlusconi non è più il partito centrale della coalizione, è nel pieno di una fase di disgregazione che porterà sicuramente a una futura riaggregazione anche se è difficile sapere adesso quali saranno le modalità. I risultati di Salvini e della Lega possono comunque essere fiammate destinate a non mantenersi nel lungo periodo.

Quindi difficilmente potrà essere Salvini il nuovo leader del centrodestra nazionale, occupando il vuoto che si è venuto a creare?

Non si può ragionare per geometrie schematiche. Salvini ha rappresentato indubbiamente un sentimento che esiste nell’opinione pubblica, e che nessun altro rappresenta, quale è quello di grande ansietà verso problemi pressanti come l’immigrazione e la sicurezza. Non mi stupirei se nel tempo nascesse un partito estremista di destra, più ampio della Lega, guidato da Salvini, ma mi sembra improbabile che possa essere lui il leader dell’intero schieramento. Almeno nel breve periodo, vedo movimenti nell’area moderata che possono portare ad altre evoluzioni del quadro.

Quindi quale futuro vedere per il centrodestra?

Un futuro di debolezza e di ridefinizione. Il centrodestra deve infatti ridefinire la sua linea e la sua leadership. E’ un cantiere aperto. Non è detto che il capo cantiere sarà Salvini, ma di sicuro non sarà Berlusconi, anche se lui continua a esserne convinto. Mentre a sinistra è tutto fermo, a destra c’è grande movimento e questo può creare anche delle chance. Il quadro elettorale scaturito dall’Emilia-Romagna comunque non si può adattare automaticamente al livello nazionale; restano elezioni locali, assolutamente eccezionali, e non ripetibili nemmeno alle prossime regionali ed amministrative di primavera. Però lasciano diversi segnali, dei quali occorre tenere conto.

Perché non sarà Salvini il futuro leader del centrodestra. Parla il politologo Ignazi

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