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L’amministrazione Trump ha annunciato un pacchetto di misure per vietare la vendita di terreni agricoli e coltivabili ad acquirenti provenienti da Paesi considerati “avversari”, tra cui la Cina. L’obiettivo dichiarato è proteggere la sicurezza nazionale e alimentare degli Stati Uniti.

“Lavoreremo con le autorità statali per bloccare le vendite già previste”, ha dichiarato la segretaria all’Agricoltura Brooke Rollins in una conferenza stampa congiunta, martedì, con i colleghi della Difesa e della Sicurezza interna, Pete Hegseth e Kristi Noem. Rollins ha aggiunto che l’amministrazione è pronta a intervenire anche con provvedimenti esecutivi, se necessario.

La risposta di Pechino non si è fatta attendere. Il portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha definito le restrizioni annunciate “una pratica discriminatoria che viola i principi dell’economia di mercato e le regole del commercio internazionale”. E ha aggiunto: “Esortiamo gli Stati Uniti a smettere immediatamente di politicizzare le questioni economiche, commerciali e di investimento”.

Rollins ha sottolineato che l’obiettivo dell’amministrazione Trump è anche “riprendersi ciò che è già stato acquistato dalla Cina e da altri avversari stranieri”, ampliando così il raggio d’azione delle nuove norme oltre le sole transazioni future.

Il governo federale rafforzerà inoltre i controlli sui terreni agricoli già in mano a entità legali provenienti da Paesi come Cina, Russia e Iran. Secondo dati aggiornati del dipartimento dell’Agricoltura, gli investitori cinesi possiedono attualmente circa 265.000 acri di terreni negli Stati Uniti – una cifra in calo rispetto ai 384.000 acri del 2021. Circa la metà di questi è legata alla società Smithfield Foods, acquisita nel 2013 dal conglomerato cinese WH Group.

La società, uno dei principali produttori di carne suina negli Stati Uniti, è controllata al 93% da WH Group, che l’aveva acquisita nel 2013 con l’obiettivo di sfruttare tecnologia e competenze per potenziare la produzione in Cina. Smithfield ha venduto oltre 40.000 acri lo scorso anno, conservandone oggi circa 85.000. “Siamo un’azienda americana, con un management americano e produzione in America”, ha dichiarato l’amministratore delegato Shane Smith in un’intervista a inizio anno.

Anche Syngenta, colosso di pesticidi controllato da China National Chemical che il governo Draghi aveva fermato dall’acquisito dell’azienda romagnola Verisem, è finita nel mirino delle critiche, come racconta il Wall Street Journal. L’azienda possiede solo una piccola quantità di terreni agricoli negli Stati Uniti, utilizzati per ricerca e sviluppo, e impiega circa 4.000 persone nel Paese. Due anni fa, lo Stato dell’Arkansas le ha ordinato di vendere 160 acri, una decisione che Syngenta ha definito “miope”. Un portavoce ha confermato al Journal che la società sta completando la cessione delle sue ultime proprietà agricole negli Stati Uniti, attualmente inferiori ai 1.000 acri.

Il dibattito è aperto. E lo scontro tra Washington e Pechino su temi economici e strategici si fa sempre più profondo, spostandosi oggi anche sul terreno – letteralmente – dell’agricoltura.

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