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Le relazioni tra Turchia ed Egitto sono a una fase realmente nuova e innovativa, con la prima visita, negli ultimi dodici anni, di Recep Tayyip Erdogan al Cairo. Una parentesi in cui le relazioni diplomatiche sono state ai minimi storici per una serie di ragioni politiche e ideologiche. Ankara, come è noto, non aveva metabolizzato la mossa dell’allora ministro della Difesa Abdel Fattah Al Sisi, che nel 2013 succedette al presidente islamista Mohamed Morsi, alleato della Turchia e soggetto all’interno del movimento dei Fratelli Musulmani. Oggi l’attuale fase di calma nel mare nostrum può essere utile in chiave mediorientale e per stabilire una strategia comune alla voce energia, con l’Italia di Giorgia Meloni alla finestra (piano Mattei su tutti).

Fase nuova

I primi passi concreti risalgono allo scorso mese di luglio, quando il Cairo e Ankara avevano nominato gli ambasciatori nelle rispettive capitali, per la prima volta in un decennio. In precedenza, nel novembre 2022, Erdogan e Sisi si erano stretti la mano in Qatar. Da quel momento si sono intensificati gli incontri, in Arabia Saudita e al vertice del G20 in India a settembre, aprendo di fatto all’incontro di questo febbraio che verrà ricordato in entrambi i Paesi perché sana una rottura da cui sono poi scaturiti effetti non positivi per l’intera macro regione.

Scambi commerciali e cooperazioni diplomatiche in Medio Oriente sono le due tracce su cui si è mossa la ricomposizione fra Erdogan e Al Sisi, lungo un fervido lavorio degli sherpa che, anche alla luce delle mutate condizioni geopolitiche nel Mediterraneo (a cavallo tra due guerre e la crisi del grano e dei migranti), hanno scelto di mutare il corso del gelo politico che c’era tra Cairo e Ankara. L’obiettivo al momento è non solo incrementare il commercio bilaterale a 15 miliardi di dollari all’anno entro pochi anni, ma soprattutto costruire una stagione del tutto nuova, che evidentemente poggerà le sue basi sui cocci della guerra a Gaza.

Energia

Fisiologico che i due capi di Stato abbiano cerchiato in rosso un dossier che, più di altri, porta in grembo una condivisione oggettiva che lega geopolitica alle policies future: l’energia. Nello specifico la compagnia turca Petroleum Pipeline Corporation (Botas) e l’egiziana Egyptian Natural Gas Holding Company (Egas) hanno raggiunto un accordo per moltiplicare la cooperazione e lo scambio di know how sul gas naturale. Come è fisiologico, anche alla luce delle nuove scoperte di gas in Egitto (Zohr, Nohr su cui c’è la zampa dell’Eni) la sicurezza nell’approvvigionamento energetico è diventato il grande tema che guida alleanze e partnership. E quella tra Egitto e Turchia non fa eccezione.

Passaggio rimarcato apertamente da Al Sisi quando ha osservato che è da salutare con favore l’attuale calma nella regione del Mediterraneo orientale. Da questo dato bisogna partire “per risolvere le differenze esistenti tra i Paesi rivieraschi della regione in modo che tutti possano cooperare per sfruttare al massimo le risorse naturali disponibili”. Un riferimento preciso al tema che maggiormente preme ai paesi coinvolti, ovvero i copiosi giacimenti presenti e sul modus di sfruttamento (Eastmed?).

Durante i colloqui sono stati confermati impegni ed interessi per la cooperazione in Africa e il lavoro per sostenere tutti gli sforzi per lo sviluppo, la stabilità e la prosperità.

Intrecci e scontri

Mentre in Libia sono rivali, dal momento che sostengono due governi diversi, i loro interessi sono allineati su due grandi conflitti come Sudan e Gaza. Pochi giorni fa Al Sisi ha incontrato il presidente del Consiglio presidenziale libico Mohammed El-Menfi, al palazzo Al-Ittihadiya.

Insieme condividono le posizioni a Gaza, annunciando un coordinamento tra i due Paesi sulla situazione dei profughi e chiedendo la consegna urgente di aiuti umanitari alla Striscia. Al Sisi ha osservato che gli israeliani stanno limitando l’ingresso degli aiuti: “Sono d’accordo con il presidente Erdogan sulla necessità di un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza e sul raggiungimento della calma in Cisgiordania – ha sottolineato il presidente egiziano – in modo che il processo di pace possa riprendere al più presto possibile, portando alla dichiarazione di uno Stato palestinese sovrano ai confini del 4 giugno 1967 con Gerusalemme Est come capitale in conformità con le pertinenti risoluzioni di legittimità internazionale”-

Parimenti uno sforzo di cooperazione tra i due Paesi è previsto anche sulla questione libica per garantire lo svolgimento delle elezioni presidenziali e legislative (altro gancio di connessione con l’impegno italiano) e l’unificazione delle istituzioni militari.

Scenari

Al Sisi ha messo l’accento sulla necessità di rafforzare la consultazione tra i due paesi sulla questione libica: “Apprezziamo che il nostro successo nel raggiungere la sicurezza e la stabilità politica in Libia saranno un modello da seguire, poiché i paesi della regione sono i più in grado di comprendere le loro complessità e i modi per risolvere le differenze esistenti”.

Inoltre ha espresso il desiderio di accettare l’invito del presidente Erdogan a visitare la Turchia il prossimo aprile per continuare a lavorare sul miglioramento delle relazioni tra i due paesi. Ma non è solo una questione bilaterale, ovvero le dichiarazioni di intenti e gli impegni nei vari settori citati hanno un portato ben più largo del perimetro turco-egiziano, perché vanno lette in chiave mediterranea.

In sostanza la pax fra Egitto e Turchia conviene anche all’Italia: dopo 12 anni si incontrano Erdogan e Al Sisi, occasione non solo per spargere saggezza diplomatica in un fazzoletto di Mediterraneo reso incandescente dalla guerra a Gaza, ma per cooperare anche sul fronte energetico.

Perché la pax fra Egitto e Turchia conviene all'Italia

Dopo 12 anni si incontrano Erdogan e Al Sisi, occasione non solo per spargere saggezza diplomatica in un fazzoletto di Mediterraneo reso incandescente dalla guerra a Gaza, ma per cooperare anche sul fronte energetico. Roma e le sue iniziative (come il Piano Mattei e la presidenza del G7) sono interconnesse con questa nuova era diplomatica in due Paesi chiave

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