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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Come tutti sappiamo, i costi finali delle merci e i servizi prodotti dalle aziende italiane derivano dalla somma di varie voci: i costi delle materie prime, gli ammortamenti, i costi generali, i costi del personale, ecc.

Il costo del personale dipendente è dato dalla retribuzione che percepisce il lavoratore e dagli oneri sociali che l’impresa paga, il cui ammontare è circa pari allo stipendio.
Ogni passaggio del bene prodotto – dalle aziende (importatore, distributore, commerciante) giungendo infine al consumatore finale – comporta aumenti in percentuale “sul bene”, che a volte portano anche a raddoppiare quello che è il costo alla fonte.
In tutti questi passaggi l’aumento in percentuale incide ovviamente anche sugli oneri sociali che quindi appesantiscono il costo finale che il consumatore deve sostenere per acquistare il prodotto o servizio.

Se fosse possibile togliere alla fonte (cioè alle imprese) il costo degli oneri sociali e trasferirlo in fondo alla catena – per esempio con una tassa che potrebbe essere definita “tassa oneri sociali” – apparentemente per il consumatore finale il prezzo resterebbe invariato ma in realtà non è così. Il rilevante calo dei costi di produzione innescherebbe un positivo effetto domino: i nostri prodotti e servizi acquisterebbero una notevole competitività sui mercati internazionali, le aziende chiuderebbero i bilanci con maggiori utili (per cui all’erario andrebbero cifre ben più importanti di quelle che entrano adesso) e potrebbero aumentare consistentemente gli stipendi, le famiglie avrebbero più danaro da spendere e aumenterebbero i consumi anche perché i prodotti costerebbero meno, quindi il volano dell’economia girerebbe molto meglio.

Altro enorme vantaggio che darebbe questa operazione sarebbe che in questo modo i nostri oneri sociali verrebbero pagati anche da chi importa prodotti nel nostro paese per cui, ad esempio, anche i prodotti asiatici non sarebbero più così marcatamente convenienti, e quindi non graverebbero sulla nostra economia come ora.

La situazione attuale è infatti molto diversa da quella degli anni ’70, quando i beni consumati all’interno del nostro paese erano prodotti almeno per l’80% dalle nostre imprese. Ora invece le nostre aziende e quindi i nostri lavoratori producono meno del 20% dei beni consumati in Italia. Visto il ribaltamento di queste posizioni, non si capisce quindi perché l’intero sistema contributivo della nazione debba continuare a restare a carico solo delle imprese. In questo quadro, spostare gli oneri sociali dalla fonte al consumatore finale è anche una questione di equità sociale.

Ovviamente sono consapevole che una operazione di questo tipo, anche se porterebbe vantaggi enormi per il paese, non è certamente facile da attuarsi: potrebbe essere avversata da componenti politiche che non condividono il trasferimento degli oneri sociali dalle imprese ai consumatori finali e potrebbe richiedere tempi abbastanza lunghi. Inoltre, sarebbe ovviamente indispensabile poter esercitare un’azione di controllo dei costi onde evitare le solite speculazioni.

Una ideuzza di politica economica e fiscale

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