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C’è una narrativa che sta prendendo corpo dopo il tragico attentato terrorista a Charlie Hebdo. Al Qaeda, che ieri ha rivendicato in un video l’attacco alla redazione del magazine satirico ad opera della sua frangia yemenita, avrebbe compiuto la strage per rivendicare il proprio ruolo di gruppo jihadista numero uno, sempre più insidiato dallo Stato Islamico. L’obiettivo dichiarato dei due gruppi, in fondo, è lo stesso: affermare la supremazia ideologica e politica dell’Islam. Tra le due realtà sussistono tuttavia importanti differenze, che hanno dato vita a una bizzarra e pericolosa competizione del terrore, dalle conseguenze imprevedibili.

ATTO DI FORZA

Rivendicando l’attentato, scrive il New York Times, i qaedisti vogliono ricordare al mondo la loro pericolosità, ora che tutti guardano l’Isis. Se si volge lo sguardo indietro a una manciata di anni fa, il gruppo fondato da Osama Bin Laden era il padrone indiscusso della scena terroristica mondiale. Con i fatti dell’11 settembre 2001, aveva messo a segno il più grande attacco di sempre su suolo americano. Una strage a cui ne seguirono altre, in altre parti del mondo. L’arrivo di un gruppo aggressivo come l’Isis, con una così moderna strategia di comunicazione e un’organizzazione paramilitare, ha cambiato tutto. Le conquiste in una grossa porzione dell’Iraq e della Siria e la proclamazione di un “Califfato” hanno scatenato la chiusura dei qaedisti, portandoli in seguito a reagire per dimostrare la loro credibilità non solo verso le popolazioni arabe, ma anche verso le stesse cellule del loro franchising, a rischio emorragia, e persino contro gli “infedeli” Paesi occidentali.

DIFFERENZE…

Su Foreign Affairs, Barak Mendelsohn spiega come le differenze tra i due gruppi non risiedano solo nell’uso degli strumenti mediatici. I gruppi – divisi anche da attriti personali – divergono, per l’esperto, in importanti aspetti strategici, tattici e di applicazione dell’autorità islamica. Entrambi non disdegnano l’applicazione dura della legge coranica, l’uccisione di civili sciiti e l’imposizione a senso unico della loro autorità. Ma Al Qaeda è più cauta, mentre il Califfato è più radicale e poco avvezzo ai compromessi, tanto da spingersi ad attaccare anche ma anche sunniti che non condividono un’interpretazione estrema della dottrina. Mentre le decapitazioni e l’uso dei social media sono per lo Stato Islamico il miglior mezzo di propaganda e reclutamento, Al Qaeda ha scelto nel tempo una strada diversa, provando a costruire agli occhi del mondo musulmano l’immagine di un movimento forte, ma non inutilmente sanguinario. Un approccio che forse, in virtù dell’affermazione “culturale” dell’Isis, potrebbe mutare, costringendola a inseguire lo Stato Islamico sul suo stesso terreno.

…E ANALOGIE

Per Quartz, infatti, gli ultimi avvenimenti in Francia dimostrano che se c’è una differenza tra i due gruppi terroristici, questa si è persa per ciò che riguarda gli attentatori transalpini. È opportuno ricordare che i due fratelli Chérif e Said Kouachi, che hanno assaltato Charlie Hebdo, erano legati ad Al Qaeda in Yemen (che attualmente si chiama AQAP, cioè Al Qaeda nella Penisola Araba), mentre l’attentatore del supermercato kosher parigino, Amedy Coulibaly, ha proclamato nel video pubblicato dopo la sua azione di aver “giurato fedeltà al capo dei musulmani, il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi“.
Questi avevano obiettivi e rivendicazioni diversi (i primi le vignette contro il profeta Maometto, il secondo il ruolo di Parigi nella guerra all’Isis. Ciò, secondo la rivista, “non ha però impedito che collaborassero e uccidessero assieme“.
Prioritario era per Al Qaeda – aggiunge l’esperto di geopolitica Carlo Jean – colpire il “nemico lontano”, cioè l’Occidente, con azioni terroristiche. Invece, l’Isis mira a consolidare i propri successi a livello regionale e locale. Ogni provincia ha il suo emiro capo al tempo stesso politico e militare.
Entrambi, conclude l’analisi, “condividono tuttavia una visione del mondo nichilista, un disgusto per la modernità, e per l’Occidente“, che li rende più vicini di quanto non appaiano.

UN LENTO AVVICINAMENTO

D’altronde, aveva sottolineato proprio su Formiche.net il presidente del Centro Studi Internazionali, Andrea Margelletti, dall’universo jihadista giungono da tempo segnali di un negoziato per cercare di mediare la frattura tra il network di Al Qaeda e il gruppo di Al Baghdadi. “Non che questi negoziati siano una novità” – spiegò –, perché prima dell’estate (e prima della fulminea avanzata di Isis in Iraq) è stato lo stesso Zawahiri a mandare segnali di “appeasement” nei confronti del leader iracheno in nome di una lotta comune che allora era verso il regime di Assad in Siria e, oggi, è diventata contro la coalizione internazionale organizzata da Obama“.

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