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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il diritto di proprietà e la responsabilità limitata delle società di capitali sono tra i capisaldi di un’economia di mercato e il grado della loro tutela è alla base delle valutazioni di investimento in un Paese.

Mentre il Governo si affanna a dichiarare di voler agevolare gli investimenti esteri in Italia (anche se a tali appassionate dichiarazioni spesso corrispondono provvedimenti che vanno in senso opposto), il gip di Milano Fabrizio D’Arcangelo emette un provvedimento nell’ambito della saga Ilva che fa strame del diritto di proprietà e del (sacro) principio della responsabilità limitata delle società di capitali.

Accogliendo una richiesta del commissario governativo dell’Ilva, il giudice D’Arcangelo ha deciso di destinare a quest’ultima una somma di denaro e titoli mobiliari per complessivi € 1.200.000.000 sequestrata, in via preventiva, alla famiglia Riva nell’ambito di una inchiesta per truffa allo Stato, inchiesta naturalmente ancora aperta.

Tali beni, di proprietà dei Riva fino a che il sequestro non diventerà definitivo (se mai succederà), vengono trasferiti ad Ilva S.p.A. in conto futuro aumento di capitale, con la contestuale “conversione del sequestro preventivo sui predetti beni, in sequestro del credito a titolo di futuro aumento di capitale”. D’Arcangelo entra nel dettaglio e dispone che “le azioni di nuova emissione dovranno essere intestate al Fondo unico giustizia e, per esso, al gestore ex lege Equitalia Giustizia spa”.

Quindi, con provvedimento del giudice, (i) la proprietà dei beni sequestrati (n via cautelativa, ricordiamolo) viene trasferita a un diverso soggetto in cambio della proprietà di un altro bene, le azioni di nuova emissione di Ilva S.p.A. e (ii) poiché il controllo di Ilva fa capo alla stessa famiglia Riva, quest’ultima è sostanzialmente costretta a farsi carico direttamente di obbligazioni della società controllata per un importo pari a quello dell’aumento di capitale coattivo, in totale spregio del principio della responsabilità limitata delle società di capitale, caposaldo di un’economia di mercato che possa definirsi tale.

Le motivazioni del provvedimento fanno pensare: “Nel conflitto tra i diritti proprietari dei soggetti attinti da trasferimento coattivo e gli interessi costituzionalmente rilevanti al diritto all’ambiente salubre, al lavoro e alla salute, i primi debbano assumere una valenza necessariamente secondaria”, “gli interessi patrimoniali (come quello dei creditori delle imprese di grandi dimensioni) devono recedere di fronte a quello alla conservazione delle risorse produttive e dei livelli occupazionali”, “la lamentata compressione del diritto di proprietà sui beni originariamente attinti dal sequestro preventivo non è costituzionalmente illegittima quando si rilevi preordinata a consentire il soddisfacimento contestuale di una pluralità di interessi costituzionalmente rilevanti e di rilievo superiore a quello del diritto inciso, come risanare l’ambiente e la tutela della salute unitamente al mantenimento dei livelli occupazionali”.

Il solo fatto che un simile provvedimento possa essere emesso può indurre un assennato investitore che sia nelle condizioni di scegliere il Paese dove investire, a orientare lo sguardo in altra direzione. Con buona pace delle dichiarate intenzioni del Governo.

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