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La vera sfida dell’impresa italiana è definire una strategia che possa coniugare la massimizzazione dei risultati di breve termine con la creazione di un valore sostenibile nel medio lungo periodo. Se ne è discusso a Milano al Growth Summit Italia 2014, evento organizzato da Aiceo, l’associazione italiana dei ceo, con il contributo strategico dei revisori contabili di EY. Un summit in cui i vertici delle aziende italiane e internazionali, circa 90 aderenti all’Aiceo, di cui la metà impiegano 90mila persone e producono un fatturato complessivo di 24 miliardi di euro, hanno preso atto del proprio fondamentale ruolo nel tracciare la strada per uscire dalla crisi.

LA VISIONE DELLE BANCHE

E se da un lato i ceo hanno spiegato in che modo e agendo su quali leve possano in prima persona creare valore e cambiare il modello di impresa adattandolo alle mutate e sempre più complesse condizioni economiche, al convegno sono intervenuti anche gli altri portatori di interesse del sistema impresa. A partire dalle banche, che “devono fare di più” secondo Federico Ghizzoni, ceo di Unicredit. “C’è sempre stata una concessione di credito superiore alla crescita reale – ha spiegato Ghizzoni – tranne che negli ultimi due anni. Tuttavia molto di questi credito non ha performato bene. Dal canto nostro ci siamo chiesti allora come possiamo migliorare la relazione banca-impresa”, per aumentare la sostenibilità dei crediti erogati in futuro. Innanzitutto “la relazione va creata, con visite frequenti e approfondite con le imprese, grazie a cui istaurare una relazione di fiducia e dal canto nostro deve esserci la comprensione e la conoscenza profonda dell’azienda”. In questo modo, assicura Ghizzoni, si assicura maggiore solidità media ai crediti concessi, anche se “il credito tradizionale non è più sufficiente e bisogna attrezzarsi per offrire alternative, come i corporate bond: ne abbiamo emessi 80 miliardi”.

“SUPERARE LA COINCIDENZA TRA PROPRIETÀ E GESTIONE”

Anche per Alessandro Profumo, presidente di Mps, “è necessario valutare la sostenibilità dell’impresa nel tempo e per farlo dobbiamo interloquire costantemente con ceo e cfo. Non sempre siamo stati in grado di valutare correttamente i piani aziendali, certo”. In generale, il presidente di Mps suggerisce cosa il ceo debba fare quando inizia la relazione con la banca: “non deve avere una prospettiva di breve termine, deve essere trasparente e deve capire cosa si vuole dalla banca”. Fatti non scontati nel tessuto industriale italiano. “Che è fatto da aziende familiari per almeno l’85% – prosegue Profumo – una quota che è più o meno simile in tutti i Paesi del mondo, ma la differenza è che in Italia non c’è separazione tra famiglia proprietaria e gestione. Ed è chiaro quanto invece sia necessario fare questo salto culturale: delegare alle persone migliori per fare gestione”.

FAMIGLIE TROPPO VINCOLANTI

È necessario inoltre fare investimenti e per raccoglierne i frutti ci vuole tempo. “Alle imprese italiane – ha spiegato Marina Brogi, vicepreside della facoltà di economia all’Università La Sapienza – mancano 200 miliardi di capitale proprio. Le aziende vanno patrimonializzate e se la famiglia non ha risorse deve aprirsi al capitale, non c’è una soluzione diversa”. A parte accettare che l’azienda Italia resti ferma o perda punti. mentre “il limite dimensionale non è necessariamente un problema insormontabile – ha concluso Claudia Parzani, capital markets partner di Linklaters e presidente di Valore D – essere piccole e di nicchia può essere un punto di forza per andare all’estero e far valere la nostra peculiarità”.

I mea culpa di Unicredit e Mps sulla valutazione delle imprese

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