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Una scelta per molti versi sorprendente, che smentisce le previsioni e rompe tradizionali equilibri. Così può essere letta la nomina, compiuta dal Consiglio superiore della magistratura, di Francesco Lo Voi alla guida della Procura di Palermo.

Con 13 voti, il rappresentante italiano in Eurojust è stato preferito al procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari, che ha ricevuto 7 consensi, e al suo omologo di Messina Guido Lo Forte che ne ha ottenuti 5.

IL VOTO DEI MEMBRI LAICI

A creare scalpore è la ripartizione delle adesioni espresse dai componenti di Palazzo dei Marescialli. A favore di Lari e Lo Forte si sono espressi rispettivamente i gruppi togati di Area-Magistratura democratica e Unità per la Costituzione. Le due correnti più rappresentative della magistratura associata hanno mantenuto una posizione intransigente senza riuscire ad allargare il consenso sui propri candidati.

Così si è creato il terreno propizio per un esito inedito. Attorno alla figura proposta della corrente togata minoritaria e conservatrice di Magistratura indipendente si sono schierati in modo compatto tutti i consiglieri laici, designati dal Parlamento. Comprese le personalità individuate dal Partito democratico.

LA QUESTIONE DELLA “TRATTATIVA”

Per capire i risvolti di una scelta destinata a incidere sull’organo di auto-governo dei giudici e sull’attività di un dei più delicati uffici giudiziari del nostro paese, Formiche.net si è rivolta a Massimo Bordin, giornalista e voce storica di Radio Radicale soprattutto per la rassegna informativa del mattino “Stampa e Regime”, oltre che acuto osservatore del pianeta giustizia.

Consapevole che nella storia del CSM vi sono state decisioni poco felici a partire dalla bocciatura di Giovanni Falcone al ruolo di capo dell’Ufficio istruzione di Palermo nel gennaio 1988, la firma del Foglio e di Panorama evidenzia un paradosso: “La nomina di Lo Voi è stata vista dai settori della stampa vicini alle tesi dei pubblici ministeri protagonisti dell’indagine sulla presunta trattativa Stato-mafia come la cartina di tornasole di un giudizio sul processo in corso nel capoluogo siciliano”.

A suo parere si tratta di un’aberrazione. Perché, osserva Bordin, il Consiglio superiore della magistratura non può duplicare una corte giudicante: “E chiunque venga designato procuratore capo può influire ben poco sulle udienze e sulle strategie portate avanti dai pm in aula”.

IL RUOLO DI LO FORTE

Il giornalista spiega che i fautori dell’impianto accusatorio del processo sul “negoziato tra apparati istituzionali e boss di Cosa nostra” hanno indicato uno dei candidati alla guida della Procura come l’uomo giusto: “Affermando che una scelta contraria avrebbe sconfessato l’iniziativa della magistratura di Palermo”.

Ma nessuno dei tre, ricorda l’ex direttore di Radio Radicale, ha esercitato un ruolo nel processo sulla “Trattativa”. “Tanto meno Lo Forte, che nel corso di una lunga esperienza negli uffici giudiziari della città siciliana ha rivestito funzioni di rilievo in più di una stagione. E con procuratori diversi. Fin dai tempi di Gaetano Costa, passando per Pietro Giammanco protagonista di un aspro conflitto con Paolo Borsellino, fino a Gian Carlo Caselli. È difficile dire pertanto che Lo Forte presenti una forte caratterizzazione di ‘politica giudiziaria’”.

Riguardo alle capacità dei tre magistrati, Bordin rimarca come neanche Marco Travaglio abbia avanzato obiezioni. E rileva che Lo Voi ha condotto processi per mafia, mentre a Eurojust ha lavorato sulle connessioni internazionali delle organizzazioni criminali.

LO STATO DELLE CORRENTI DEL CSM

Ai suoi occhi l’elemento chiave per la nomina va individuato nel peso delle correnti interne al Consiglio superiore: “Il criterio dei rapporti di forza tra le varie componenti della magistratura associata resta dominante. Chi è fuori dalle correnti non ha mai ricevuto un buon trattamento a Palazzo dei Marescialli, come rivela la vicenda Falcone”.

Il loro ruolo rimane cruciale nella vita delle toghe. E non è stato scalfito dal preannuncio di cambiamento del meccanismo di elezione del CSM, fatto dal governo a fine agosto in occasione della presentazione delle linee-guida di riforma del pianeta giustizia. Mutamento che finora non ha trovato riscontro in un progetto di legge.

LE SCONFESSIONI

Nella riunione di Palazzo dei Marescialli, però, i membri scelti dal Parlamento hanno tutti votato a favore di Lo Voi: “È un tema rilevante, che provocherà polemiche sulla presunta volontà della politica nel boicottare Lo Forte. Alcuni arriveranno a parlare di ennesimo frutto del Patto del Nazareno. Ma inviterei a riflettere sul fatto che i consiglieri ‘laici’ sono espressione dei partiti fino a un certo punto. E possono compiere scelte autonome. Anche sul senso del processo relativo alla ‘Trattativa’”.

Ciò che è accaduto tra le mura del CSM, precisa il giornalista, costituisce l’ennesimo insuccesso della difesa teorica di quel processo: “È sufficiente leggere le sconfessioni provenienti da personalità progressiste come Giovanni Pellegrino, Marcelle Padovani, Giovanni Fiandaca, Salvatore Lupo. Un’altra battaglia persa, e fatta perdere all’incolpevole Lo Forte”.

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