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Questo articolo è stato pubblicato su L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Bresciaoggi

“Sarà una grande sorpresa”, sono state le sue ultime parole famose al riguardo, e molti si domandano quale nuova scuola abbia in testa Matteo Renzi, ora che s’avvicina il Consiglio dei ministri di venerdì con le linee-guida dell’annunciata riforma. Neanche le prime anticipazioni sui principi già da tutti afferrati in materia, cioè che il governo intende puntare a valorizzare il merito e a risolvere il problema del precariato, aiutano a capire la svolta promessa. Da troppi anni il ministro dell’Istruzione di turno impegna il proprio esecutivo in ambiziosi cambiamenti dell’ordinamento scolastico che poi si rivelano, nel migliore dei casi, irrilevanti. Nel peggiore, catastrofici, così che i governi successivi devono correre ai ripari degli errori commessi dai governi precedenti, e il circo della “riforma della scuola” va avanti col suo spettacolo già visto per essere, ancora, creduto e applaudito.

Neppure l’assicurazione di Renzi sul “cambieremo l’Italia”, può bastare perché i cittadini, i quali sono stati tutti studenti, e poi padri di studenti e poi nonni di studenti e perciò hanno il diritto alla massima voce in capitolo, s’accontentano dei buoni propositi. E la gente si chiede come possano i governi prestare alla scuola un’attenzione inversamente proporzionale ai risultati prodotti per aggiornarla ai tempi e alle esigenze di una società più ricca di stimoli e più fragile di punti cardinali. Dopo la famiglia -ma a volte anche prima-, la scuola è la maestra delle nostre vite. Sui banchi impariamo a impegnarci. Scopriamo l’importanza dello stare insieme. Apprendiamo materie che ci piacciono e che detestiamo, luci e ombre che mai più ci abbandoneranno. Amicizie e amori, saperi e regole, educazione e divertimento, sport e “sogni da grande”: tutto si svolge nei cicli d’insegnamento che ogni governo giura di voler migliorare.

Ora Renzi scommette sul merito, che è il miglior alleato dell’uguaglianza. Incentivare la bravura che ogni alunno ha dentro di sé, e che ogni buon professore sa riconoscere e valorizzare, significa dare l’esempio per la vita: chiunque può farcela, se si applica. Significa sradicare la mentalità della raccomandazione, che rende arretrata la società progredita. Significa consentire ai figli di un Dio minore o povero o straniero di stare alla pari coi figli di papà. Il criterio del merito è la cosa più rivoluzionaria, perché egualitaria, che un governo possa sostenere dall’asilo all’Università. Bravi studenti oggi diventeranno bravi italiani domani: la scuola è quel che sarà l’Italia.

La scuola è quel che sarà l’Italia

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