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Ennesima puntata della saga che contrappone Diego Della Valle e John Elkann. Basterà una telefonata riappacificatrice (come quella che ha posto fine al momento all’anti renzismo esasperato del patron di Tod’s contro il premier) per far calare il sipario al teatrino di puntute critiche che quasi sempre partono dall’imprenditore marchigiano verso la famiglia Agnelli e in particolare contro John Elkann?

Della Valle anche ieri non ha nascosto l’astio che nutre verso la Casa torinese per le ultime scelte compiute dal Lingotto e da Exor. Casus belli? La maxi cedola che Marchionne e Elkann faranno versare dalla Ferrari demontezemolizzata a Fca. Ovvero: prima dell’Ipo, la Casa di Maranello verserà alla controllante Fiat-Chrysler 2,25 miliardi fra dividendi e trasferimenti di liquidità. E’ quanto si evince da un documento depositato dalla stessa Fca alla Sec, l’autorità Usa che vigila sulla Borsa e le società quotate.

La conferma della maxicedola da Ferrari – già preannunciata a fine ottobre dal capo azienda di Fiat, Sergio Marchionne – ha fornito ulteriore benzina ieri agli acquisti del titolo Fca. Una mossa che ha provocato l’ennesima scudisciata di Della Valle: “Ferrari ha salvato quel bidone che è la Fiat; quotando un pezzettino di Ferrari per ripianare i debiti Fiat mentre il resto se lo prendono gli azionisti”. Una critica sintonica rispetto a un commento di Salvatore Bragantini, economista ed ex commissario Consob, scritto giorni fa sul Corriere della Sera, che non ha lesinato critiche peraltro anche alle ambizioni politiche di Della Valle, stimmatizzate dalla firma del Corsera, Pierluigi Battista.

Una difesa d’ufficio di Montezemolo, quella di Della Valle? Anche, visto che il patron di Tod’s sempre ieri ha sottolineato che l’uscita di Luca di Montezemolo dalla Casa di Maranello e dalla presidenza della Ferrari “si poteva fare in modo più educato”, come ha anche sottolineato nelle scorse settimana l’ex top manager del gruppo Fiat, e ora editorialista di Italia Oggi, Riccardo Ruggeri.

Ma siccome la lingua batte dove il dente duole, Della Valle non ha evitato il vero dossier al quale tiene davvero, ovvero il suo investimento in Rcs: infruttuoso sia dal punto di vista finanziario sia dal punto di vista “politico”, visto che il patron di Tod’s non tocca palla a livello di governance e di decisioni sul gruppo editoriale, nonostante le sue latenti passioni per la Gazzetta dello Sport.

Ecco le parole di Della Valle, secondo azionista del gruppo editoriale che pubblica il Corriere della Sera: “L’investimento in Rcs è stato tutto sbagliato da parte mia”. “Il mio pensiero – ha aggiunto – era di poter portare la voce dell’impresa nel posto dei poteri forti, che erano quasi tutti mummificati e autoreferenziali”. Poi la confessione amara: “Lì non sono riuscito quasi a toccare palla”. Ma queste parole, forse, servono proprio per cercare di entrare in partita. Ci riuscirà? Urge telefonata da Torino o da Detroit, come quella avuta da Della Valle con Palazzo Chigi grazie ai buoni uffici di Filippo Sensi e di Marco Carrai, come ha raccontato di recente il quotidiano Mf/Milano Finanza. Ma forse le divergenze su alcuni affari fiorentini non sono del tutto appianate.

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Ennesima puntata della saga che contrappone Diego Della Valle e John Elkann. Basterà una telefonata riappacificatrice (come quella che ha posto fine al momento all'anti renzismo esasperato del patron di Tod's contro il premier) per far calare il sipario al teatrino di puntute critiche che quasi sempre partono dall'imprenditore marchigiano verso la famiglia Agnelli e in particolare contro John Elkann?…

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