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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Antonino D’Anna apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Mantova, Come sarà la successione al cardinale Angelo Scola, Arcivescovo di Milano? Se ne parlerà dopo il 2016, quando Scola compirà 75 anni e dovrà presentare le sue dimissioni come previsto dalla legge canonica. Ma ci potrebbe essere un problema in più, questa volta, causato da un ingorgo che si potrebbe verificare in Lombardia: ci sono troppi ausiliari targati Milano e troppe Diocesi che gradirebbero un vescovo scelto nel clero locale al posto dei tanti «milanesi» già promossi all’episcopato.

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Il tema si è riproposto quando Papa Francesco ha scelto monsignor Maurizio Malvestiti come vescovo di Lodi, succedendo ad un altro ex ausiliario (e collaboratore del cardinale Carlo Maria Martini) dell’Arcidiocesi meneghina: Giuseppe Merisi.

Stavolta la nomina non promuove un milanese, ma un bergamasco con un ottimo curriculum di Curia visto che, fino alla nomina a Lodi, monsignor Malvestiti è stato il segretario della Congregazione per le Chiese orientali. Un posto in meno per i quattro ausiliari di Scola in età di promozione: tolti dall’elenco per motivi anagrafici monsignor Erminio De Scalzi (classe 1940) e Luigi Stucchi (classe 1941), restano il Vicario generale Mario Delpini (1951), Franco Maria Giuseppe Agnesi (1950), il cappuccino Paolo Martinelli (1958) e Pierantonio Tremolada (1956).

Il problema, lo abbiamo già scritto (ItaliaOggi del 18 aprile 2014), è dato dal fattore anagrafico: da qui al 2016 sono in scadenza Brescia (vescovo Luciano Monari, classe 1942), Como (Diego Coletti, 1941), Cremona (Dante Lafranconi, 1940), Mantova (Roberto Busti, classe 1940) e Pavia (Giovanni Giudici, 1940).

In teoria, quindi, tutti gli ausiliari di Scola potrebbero essere promossi Vescovi e inviati in queste diocesi: ma con Papa Francesco i criteri di scelta e nomina sono cambiati, vedasi la nomina di Malvestiti trasferito da Roma.

Inoltre si dice che nelle diocesi del Settentrione si auspicherebbe un futuro con meno nomine meneghine che impediscono la scelta di un Vescovo tra i sacerdoti del clero locale.

Qualche esempio: Roberto Busti, dal 2007 alla guida di Mantova, è un ex ausiliare dell’era Martini. Se venisse nominato uno dei quattro ausiliari di Scola, il suo successore sarebbe un altro «milanese».

Anche Coletti, che pure ha iniziato il suo episcopato a Livorno nel 2000, è targato Milano: ha insegnato nel seminario diocesano di Saronno e poi nell’altro di Venegono tra il 1968 e il 1983, collaborando col cardinal Martini che lo ha anche consacrato vescovo (il predecessore, Alessandro Maggiolini, era anch’egli un «milanese» nominato nel 1983 vescovo di Carpi e trasferito poi a Como); monsignor Giudici è stato Vicario episcopale con Martini negli anni ’90.

E i «milanesi» sono pure fuori regione: come il ciellino monsignor Massimo Camisasca (1946), che pur non essendo stato ausiliare all’ombra della Madonnina è dal 2012 alla guida della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla. Troppi ausiliari per un criterio di scelta diverso: e c’è chi immagina che di questo passo persino la successione a Scola possa tener conto di quattro potenziali candidati indoor.

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