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Jean-Claude Juncker è stato eletto Presidente della Commissione europea con 422 voti a favore e 250 contrari. La maggioranza richiesta era di 376. Può quindi contare su una solida maggioranza (almeno per il momento).

L’elezione rappresenta comunque un fatto storico nell’evoluzione delle istituzioni europee perché sino ad oggi la nomina del presidente della Commissione Europea è stata il frutto di negoziati tra i leader degli Stati membri. Occorre quindi salutare positivamente l’introduzione di procedure democratico in un meccanismo istituzionale che ha sempre accusato un forte deficit di democrazia.

Meno entusiasmante il discorso programmatico di Juncker. Da un lato, le ormai viete affermazioni di federalismo quali: “Rinunciamo al nazionalismo” perché in Europa “si vince e si perde tutti insieme“. Inframmezzate da ovvietà come “le energie rinnovabili sono la premessa per l’Europa del domani“, frase che suona quasi una beffa all’indomani della “grande coalizione” tedesca di rinunciare, su pressione social-democratica, al nucleare.

Altri aspetti sembrano contraddittori. Ad esempio, la “prima priorità” è “rafforzare la competitività e stimolare gli investimenti“, quindi “nei primi tre mesi” presenterà un “ambizioso pacchetto per lavoro, crescita e investimenti” che attraverso la Bei e il bilancio europeo “mobilizzerà fino a 300 miliardi in tre anni“. Obiettivo condivisibile; accompagnato, però, da uno strumento inadeguato e sotto il profilo della dimensione finanziaria e sotto quello della disponibilità di progetti effettivamente cantierabili.

Poco coerente poi con l’affermazione secondo ui “il Patto di stabilità non lo modificheremo” perché “la stabilità è stata promessa con l’introduzione della moneta unica“. Rafforzata dalla constatazione apodittica, secondo cui “ci sono margini di flessibilità che devono essere utilizzati: lo abbiamo fatto nel passato e lo faremo anche di più nel futuro”.

Altri passaggi del discorso programmatico sono stati ampiamente riportati dalla stampa. L’impressione è che il testo non sia stato aggiornato dopo gli ultimi (deprimenti) dati Eurostat sulla produzione industriale nell’UE. Juncker non pare rendersi conto che l’UE sta scivolando in recessione di lungo periodo, un male oscuro più pernicioso dell’inflazione e che in passato proprio in Europa ha avuto esiti politici molto gravi.

La Commissione Europea, che è stato eletto a presiedere, dovrebbe essere estremamente preoccupata e promuovere un programma per uscire dalla recessione anche sospendo temporaneamente il Patto di stabilità e il Fiscal Compact, dando fiato alla ripresa dei consumi e promuovendo investimenti non solo pubblici ma soprattutto privati. Ciò richiede misure urgenti in materia di riduzione del carico tributario, di rimodulazione delle tariffe, di rischedulazione del debito pubblico che, in maniera differente, riguardano tutti i Paesi dell’UE.

Il resto è silenzio. Come nell’Amleto di Shakespeare sussurra il Principe di Danimarca morendo.

Vi spiego perché Juncker mi ha deluso

Jean-Claude Juncker è stato eletto Presidente della Commissione europea con 422 voti a favore e 250 contrari. La maggioranza richiesta era di 376. Può quindi contare su una solida maggioranza (almeno per il momento). L’elezione rappresenta comunque un fatto storico nell’evoluzione delle istituzioni europee perché sino ad oggi la nomina del presidente della Commissione Europea è stata il frutto di negoziati…

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