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La battuta del cardinale Walter Kasper, secondo la quale in merito all’omosessualità gli africani “non dovrebbero dirci troppo che cosa dobbiamo fare”, perché parlare dei gay in Africa è un tabù e perché loro hanno altri problemi per i quali non ci può essere ascolto al Sinodo – rivendicando così una sorta di superiorità morale dell’Occidente su certe tematiche – ha lasciato il segno tra i padri sinodali del “continente nero”.

L’INTERVISTA A KASPER E LE REAZIONI DEI CARDINALI AFRICANI

L’intervista di Zenit (poi prontamente rimossa dal sito, anche se rimane ora disponibile nella versione audio al prelato tedesco, scelto proprio da papa Francesco per introdurre i lavori del Sinodo dedicato alla famiglia nel corso di tutto quest’anno solare, e considerato uno dei suoi grandi registi (in chiave progressista e verso un radicale cambiamento della dottrina e della morale cattoliche), ha fatto da detonatore ai malumori che covavano nel gruppo degli africani da alcuni giorni, sia per alcune indicazioni pastorali inserite nella “relatio post-disceptationem” del cardinale di Budapest Peter Erdo sia per alcune scelte in merito allo svolgimento dei lavori d’aula.

Così, uno dei loro principali esponenti presenti al Sinodo, il cardinale Robert Sarah, della Guinea Conakry, curiale di lungo corso, avendo passato molti anni a Propaganda Fide ed essendo ora presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, il dicastero della carità del Papa, ha rilasciato un’intervista al pepe all’agenzia americana Catholic News Agency, che segue anche alcune dichiarazioni precedenti del collega sudafricano Wilfrid Napier, tra i più combattivi fin dall’inizio nella difesa della dottrina.

CARD. SARAH: MANOVRE PER FARE PRESSIONI SULLA CHIESA

Sarah denuncia le manovre per orientare le conclusioni del Sinodo e spingere la Chiesa a cambiare il proprio insegnamento, manovre promosse da gruppi di lobby esterni e interni all’aula sinodale: “Ciò che è stato pubblicato sulle unioni omosessuali – dice infatti il porporato – è stato un tentativo per fare pressione sulla Chiesa e farle cambiare la dottrina. Mai si è voluto giudicare la persona omosessuale, ma i comportamenti e le unioni omosessuali sono una grave deviazione della sessualità”, chiarisce chiamando in causa Bibbia e Vangelo.

Infatti, ribadisce, il motivo per cui le relazioni omosessuali non possono essere approvate dalla morale cristiana sono scritte nel Catechismo della Chiesa cattolica, che recita: “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che ‘gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati’. Sono contrari alla legge naturale e precludono il dono della vita”. Proprio quella legge naturale considerata inadatta ai tempi moderni, perché “la maggior parte degli umani non la capisce”, secondo monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, segretario aggiunto per il Sinodo e ascoltatissimo teologo a Santa Marta e dintorni. Ma Sarah rincara la dose, ricordando come “Giovanni Paolo II, in riferimento alle unioni omosessuali, si chiedeva se non sia all’opera “una nuova ideologia del male” (così nel libro Memoria e identità)”.

FAMIGLIA CRISTIANA BASATA SU RELAZIONE UOMO-DONNA

Riconosce che alcuni temi sono stati messi in evidenza nella “relatio post-disceptationem” del cardinale Erdo, come il rifiuto della Chiesa di promuovere politiche ispirate al gender vincolandole agli aiuti finanziari, cosa che oggi colpisce tanto le società dei Paesi in via di sviluppo quanto di quelli in Occidente. Ma – dice ancora – non si può tacere sul fatto che “quelli messi in atto da determinati governi e da determinate organizzazioni sono tentativi di contrastare la concezione di famiglia naturale, fondata sul rapporto uomo-donna: e la Chiesa non può tacere di fronte a questo”.

Inoltre, “non c’è famiglia cristiana senza il richiamo a Gesù Cristo, il quale si è incarnato in una famiglia dove c’erano un padre e una madre. Riferirsi a Cristo è necessario per evitare che la visione cristiana sia ridotta a una ideologia e che noi siamo obbligati a prendere decisioni in contrasto con il magistero, la storia della Chiesa e, prima di tutto, con il messaggio evangelico”.

Altro punto che ha fatto infuriare gli africani, e non solo loro, è la metodologia dei lavori assembleari, stravolta in corso d’opera e quindi interpretata da alcuni come un “colpo di mano” contro la dichiarata collegialità. Dice il cardinale guineano: “Ha destato sorpresa generale che sia stato diffuso un testo, che peraltro rispecchiava solo parzialmente le opinioni emerse, destinato poi a essere di nuovo discusso ed elaborato in vista di un documento definitivo, che deve essere approvato dai padri sinodali. Qualcuno vuole forse destabilizzare la Chiesa e minarne le basi?, si chiede”.

La preghiera finale del porporato, con una stoccata non proprio velata a Kasper, è per quei “pastori che lasciano le pecore del Signore ai lupi dell’Occidente secolarizzato e decadente, che si allontana da Dio e dalla natura”.

LE MODIFICHE DEI “CIRCOLI MINORI”

Quasi tutti gli interventi dei cosiddetti “circoli minori”, i singoli gruppi di studio divisi per idioma e impegnati a proporre emendamenti per il documento definitivo, a una attenta lettura, sembrano avere ribaltato in maniera sostanziale diverse espressioni della “relatio” di Erdo, accogliendo quindi, in particolare, le modifiche dei presuli africani e di quelli nordamericani. Anche se molti organi di stampa continuano a darne una interpretazione differente. La parola ora passa alla votazione finale, che avverrà sabato: nonostante le relazioni dei “circoli”, l’esito non appare per nulla scontato.

Ecco con chi si infuriano gli africani al Sinodo

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