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Lui è seduto sulla sponda del fiume. Osserva all’apparenza distaccato cosa avviene al di là del fiume che lo separa dal campo di battaglia, politica s’intende. E’ circondato dall’affetto dei suoi familiari e degli amici di sempre. Capita a volte che debba cedere ai capricci della giovane compagna ed invitare a cena personaggi che hanno militato in schieramenti avversi mentre oggi, a modo loro ed in maniera spesso stravagante, sono impegnati nella difesa dei diritti delle minoranze. L’uomo è certamente intelligente, quindi curioso e realmente interessato a voler conoscere una realtà a lui così distante, anche se dalla sua espressione poi generosamente pubblicata sui media traspare un pensiero rassegnato che suona come “ma guarda cosa mi tocca fare”.

Quindi vede gente, tra una visita di cortesia e l’altra di qualche pecorella smarrita che torna – o spera di tornare – all’ovile, tante questioni sul tavolo, un partito in bolletta e molti personaggi che gli tirano la giacca.
Saggiamente è seduto, aspettando che passi il cadavere del suo avversario, o meglio dei suoi avversari. Due in particolare. Uno è rappresentato da quella sinistra post comunista che nel Pd ancora non si capacita di avere un berlusconiano come segretario di partito. Matteo Renzi, nonostante qualche scivolone da giovanile ansia prestazionale, lo è nei modi di atteggiarsi, gestire il consenso, concepire il potere e, diciamolo senza ipocrisie ideologiche, molte idee del suo programma sono quelle già proposte dal Cavaliere, peraltro non realizzate per piccoli interessi di bottega dei suoi alleati di governo o smaniose folgorazioni leaderistiche di alcune mezzetacche strumentalizzate per altri scopi. Potremmo dire che, in questo caso, l’avveduto imprenditore Berlusconi applica un sano principio degli affari e lascia che il suo avversario di sempre lavori per lui.

Il secondo antagonista è rappresentato da quelli che scalpitano, gridano, scrivono, organizzano incontri e convention su ‘sta palla del centrodestra addormentato. Sono alcuni vecchi cortigiani di partito e qualche ex che si lamentano di non riuscire a parlargli, altri non capiscono il suo atteggiamento, altri ancora abbaiano ma comprendono che sfidare il capobranco è pericoloso. Alzare il pelo può dare quei cinque minuti di maggiore visibilità e popolarità, ma affondare i denti è tutta un’altra cosa e si rischia di farsi male davvero, di dover lasciare il branco e morire di stenti per mancanza di voti. Altri personaggi in cerca d’autore si ergono dalle tribune televisive come gli anti Renzi, quali futuri leader di uno schieramento alternativo a quello del premier toscano, peraltro snobbando il leader brianzolo che da solo incassa percentuali da sogno, per loro.

Difficile capire quanto ci sia di genuino in questo atteggiamento e quanto invece non sia subordinato ai soliti cinque minuti di notorietà, sebbene in tutte e due le evenienze la soluzione finale non potrà che essere marginale, quindi sterile e suicida.
A fronte della schizofrenia suicida dei primi e dell’evanescenza dei secondi, chissà che il Cavaliere non stia aspettando che il premier maturi appieno la consapevolezza di quanto sia difficile se non impossibile governare e riformare un paese non potendo contare su numeri adeguati. Magari in attesa che arrivi primavera per poter andare congiunti al voto oltre gli steccati ideologici che tanto danno hanno fatto al Paese e ancora rendono lento, troppo lento un vero processo di rinnovamento. Vedremo.

Il berlusconiano Renzi e quei berluschini anti Renzi

Lui è seduto sulla sponda del fiume. Osserva all’apparenza distaccato cosa avviene al di là del fiume che lo separa dal campo di battaglia, politica s’intende. E’ circondato dall’affetto dei suoi familiari e degli amici di sempre. Capita a volte che debba cedere ai capricci della giovane compagna ed invitare a cena personaggi che hanno militato in schieramenti avversi mentre…

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