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È un periodo in cui si discute parecchio di intelligenza artificiale, dell’impatto degli algoritmi sul lavoro e sugli strati sociali. Argomenti polarizzanti, trattati non senza un certo nervosismo. Dunque ogni tanto s’impone di parlarne in maniera non catastrofista. È così che Paolo Compostella, presidente Europe di Apco Worldwide, ha introdotto la conferenza “Intelligenza Artificiale tra miti e realtà. Storie di successo dall’Italia e dagli Stati Uniti”, tenutasi giovedì al Centro Studi Americani di Roma.

L’apertura dei lavori è stata affidata ad Alessandro Musumeci, a capo della segreteria tecnica del sottosegretario di Stato con delega all’Innovazione Alessio Butti, organo che tratta anche di IA e governance. Fornendo un’istantanea degli sforzi di regolamentazione in corso, l’addetto ai lavori ha evidenziato come il governo sia intenzionato a portare avanti il Processo di Hiroshima sull’IA nell’ambito della presidenza italiana del G7 nel 2024. Il taglio italiano? Una strategia per mantenere l’essere umano al centro, come ha ripetuto il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ai tredici tecnici del comitato IA al lavoro per dare delle indicazioni al governo, quelle che Roma porterà al tavolo del G7 e in Unione europea, dove è in fase di completamento il lavoro sull’AI Act (il termine per presentare la bozza è fissato al sei dicembre).

La linea di base è porre l’etica al centro e creare una governance chiara ed efficace, come ha ripetuto Musumeci. Certo non mancano le sfide: serve dirimere grandi domande in tema di responsabilità, trasparenza e interpretabilità, discriminazione e pregiudizio, privacy e sicurezza, fino ad arrivare alla dipendenza tecnologica e alla sostituzione dell’occupazione umana. Ma nel frattempo è utile vedere come le grandi realtà aziendali stanno gestendo il tema, e i panelist presenti hanno offerto la loro esperienza.

Ha iniziato Floriana Chiarello, Head of ICT Demand Management di Aeroporti di Roma, spiegando che l’IA generativa (la tecnologia alla base di ChatGPT e Dall-E) è così trasformativa perché ha convertito materie complesse e di nicchia in una conversazione con un chatbot. Il vantaggio è la democratizzazione dell’accesso a queste tecnologie, ha spiegato, anche al netto del rischio di non capire cosa c’è sotto la superficie. Però l’IA è già entrata nel mondo del lavoro – dalle parti di AdR si sperimenta per ottimizzare i flussi di passeggeri, le previsioni meteo e i tempi di operazione, guardando alla manutenzione predittiva e ai gemelli digitali per evitare guasti.

La lezione di Chiarello è che questa tecnologia va adottata accompagnando i dipendenti in questo salto qualitativo in maniera prudente e non sensazionalista, con cicli continui di feedback e mitigazione di rischio. Tema, quello della sicurezza, che ha poi approfondito anche Maria Cristina Moroni, senior advisor della divisione Government Relations di Dell Technologies. “Ci siamo dati dei principi”, ha spiegato: l’essere umano deve poter riconoscere facilmente di interagire con un sistema IA, che a sua volta va utilizzato in maniera integrata con gli altri strumenti aziendali – dal cloud ai sistemi per la sicurezza dei dati.

La sua morale: serve minor frammentazione normativa possibile per poter beneficiare appieno del potenziale dell’IA. Un invito al contributo di Andrea Tuninetti Ferrari, Head of Tech Italy di Clifford Chance, che ha mappato gli sforzi regolatori in corso in Ue e posto l’accento su quanto stia diventando fondamentale il tema. “Quando nel 2021 è uscita la bozza dell’IA Act, la reazione delle società è stata tiepida: si immaginavano l’ennesima questione di compliance”, ha raccontato; “oggi la tematica viene trattata a livello di cda. Non è solo una questione di aderenza alla lettera della legge, ma di creare fiducia nell’utente”.

La differenza col passato: ci si è resi conti che la regolamentazione del virtuale è tanto necessaria quanto quella del mondo fisico, ha concluso, lasciando spazio a Claudia Pollio, Head of Public Affairs and Institutional Relations di TeamSystem. Vista dall’ottica di chi fa parte dei sistemi di 2 dei 4 milioni di Pmi italiane, ha commentato, la trasformazione digitale è “la sfida culturale più estesa” che l’umanità sta sperimentando. Anche attraverso l’IA generativa, una tecnologia general-purpose “come [l’avvento del]l’elettricità applicata all’industria”. Già oggi i sistemi IA minimizzano gli errori umani sui processi ripetitivi, migliorando la qualità dei dati a disposizione – un salto in avanti se si pensa all’interazione tra cittadino e Pubblica amministrazione. Ma la vera svolta sarà utilizzare l’IA in combinazione con i dati aziendali per la predizione: le aziende potranno non solo valutare le proprie performance nel tempo, ma anche rapportarsi con quelle di una filiera, un territorio, un Paese, il contesto globale.

Come l’IA entra in azienda. Rischi e benefici

Mentre il governo guarda al G7 per parlare di intelligenza artificiale e impatto sul lavoro, i sistemi IA stanno già cambiando l’operato delle industrie. Un evento al Centro Studi Americani di Roma ha permesso ai rappresentanti d’azienda (e di Chigi) di raccontare come. Con Aeroporti di Roma, Dell Technologies, Clifford Chance, TeamSystem

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