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Il Regno Unito è il maggiore produttore di petrolio dell’Unione europea. Conta su una riserva di circa tre miliardi di barili. Secondo un rapporto dell’Energy Information Administration americana, nel 2013 il Regno Unito ha prodotto 916mila barili al giorno, la cifra più bassa dal 1980. Negli ultimi anni l’estrazione di greggio si è ridotta considerevolmente. Nel 1999, la produzione era di 2,98 milioni di barili al giorno, nel 2005 di 1,86 milioni e nel 2010 di 1,4 milioni.

SPERANZA NEL GREGGIO

Circa il 90% del petrolio è nel Mare del Nord della Scozia. A giorni dal referendum sull’indipendenza della Scozia, i dati sull’industria petrolifera sono al centro del dibattito. Se l’economia scozzese fosse indipendente, il 15% sarebbe sostenuto dalla produzione di petrolio. Edimburgo sostiene che ci sono diversi scenari di ingressi fiscali per il petrolio. Il più ottimista indica un bilancio di 38,7 miliardi di sterline (47 miliardi di euro) nei prossimi cinque anni. A Londra, invece, si parla di meno della metà: 17,6 miliardi di sterline. Comunque, i giacimenti petroliferi alimentano la speranza della secessione scozzese.

IT’S SCOTLAND’S OIL

Questa non è la prima volta che il petrolio è legato alla questione indipendentista. Dal 1851, quando James Young cominciò la produzione commerciale del petrolio nel Midland, gli scozzesi discutono sulla paternità delle risorse energetiche.

Fondamentale per il movimento indipendentista della Scozia è stata la scoperta dei giacimenti nel Mare del Nord. Secondo un articolo dell’Economist, per i nazionalisti è stato un motivo in più di risentimento nei confronti di Londra e un altro argomento a favore dell’indipendenza. “Nel 1967 il Partito nazionale scozzese (Snp) riuscì a entrare per la prima volta a Westminster dopo un’elezione straordinaria nel collegio di Hamilton. Nel 1974 il partito contava 11 deputati, guadagnati in gran parte grazie al successo dello slogan “It’s Scotland’s oil” (E’ il petrolio della Scozia)”, ricorda la pubblicazione.

TUTTI I REFERENDUM DELLA SCOZIA

Nel 1979 la Scozia votò il primo referendum sulla devolution. Nei risultati, il 52% si dichiarò a favore della nascita di un parlamento scozzese, ma il risultato è stato ignorato per il basso quorum. A metà degli anni ’90 il malessere diventò più forte. Così, nel referendum del 1997, il 74% votò a favore del parlamento che fu costituito sotto la guida del segretario di Stato per la Scozia, Donald Dewar.

VERSO UN’ECONOMIA MONO-PRODUTTIVA?

Non tutti però sono d’accordo sulla dipendenza della Scozia dal petrolio. Il leader scozzese Ken Macintosh crede che “se la Scozia si separa dal Regno Unito, non solo non avrà più influenza sull’economia mondiale ma avrà un’economia più debole. Basare tutta la nostra economia su una sola materia prima, di prezzo volubile e con riserve limitate, sarebbe un passo indietro per la Scozia”.

IL VALORE DEL WHISKY

Ma l’economia della Scozia è più varia. Un rapporto dell’Associazione di whisky scozzese (Swa) indica che l’industria del whisky produce 4,3 miliardi di sterline (5,2 miliardi di euro) e dà impiego a 200mila persone. Il 20% delle esportazioni è diretto negli Stati Uniti e il 37% nell’Unione europea. Gli imprenditori del settore si sono impegnati a lavorare con le autorità locali per incrementare lo sviluppo economico, nel caso la Scozia lasciasse il Regno Unito dopo il referendum.

Referendum Scozia, quanto contano petrolio e whisky nella tentata secessione

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