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Cresce la violenza in Libia, dove un gruppo di miliziani islamici ha assaltato a Tripoli l’ufficio del primo ministro ad interim, Abdullah al-Thinni, che al momento si trova a Tobruk, dove si riunisce il Parlamento.

A dare la notizia è stata l’emittente saudita al-Arabiya, che citando fonti governative ha riportato l’attenzione sulle tensioni politiche che in queste ore non risparmiano il Paese.

L’assalto segue il saccheggiamento e l’incendio dell’abitazione di al-Thinni, situata sempre a Tripoli e l’agguato dello scorso aprile. Il premier ad interim è stato designato a marzo ed è tutt’ora in attesa di ricevere il disco verde dall’assise.

IL VECCHIO PARLAMENTO

Una legittimazione che, qualora arrivasse, sarebbe già monca. Il vecchio Congresso libico riunito a Tripoli ha designato nelle passare ore Omar al-Hasi nuovo premier. Ciò assume i contorni di una vera e propria “secessione” dal Parlamento eletto a giugno, che si riunisce invece a Tobruk.

TRE BLOCCHI

Il Paese pare ormai diviso in tre parti. Tripoli è sotto il controllo dei filo-islamici di Misurata, Bengasi del “Califfato” di Ansar al Sharia, mentre Tobruk è il luogo d’esilio del Parlamento eletto due mesi fa.

LE MOSSE DELL’OCCIDENTE

Per il momento, però, l’Occidente resta a guardare. In una nota congiunta di Usa, Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna si condanna l’escalation delle violenze in Libia, si incoraggia la “transizione democratica” e si esprime sostegno alle istituzioni “elette” nel Paese nordafricano, denunciando le interferenze esterne, ma senza delineare nessuna azione concreta per arginarle. Bernardino Leon, da poco nominato inviato delle Nazioni unite in Libia, ha spiegato che a suo modo di vedere un intervento armato internazionale nel Paese non fermerà le lotte e le divisioni politiche. Eppure è Tripoli stessa a chiedere un intervento della comunità internazionale. Una richiesta che sarà ribadita domani al Consiglio di sicurezza Onu, come annunciato dal ministro degli Esteri libico, in conferenza stampa al Cairo.

LE RICHIESTE DELL’ITALIA

Al vertice l’Italia sarà assente, ma potrà fare molto, come ha spiegato l’analista dell’Ecfr Mattia Toaldo su queste colonne. Anche Roma fa da tempo pressione perché le Nazioni Unite si interessino a quanto accade sull’altra sponda del Mediterraneo, auspicando, sottolinea a Formiche.net il presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre, “che l’Onu assuma qualsiasi iniziativa nelle more di un intervento, se non militare, almeno più efficace nel pacificare il Paese”. Un monito che si somma a quello della titolare della Farnesina, Federica Mogherini, che punta a “favorire un cessate il fuoco e promuovere un processo politico che non escluda nessuno”.

Libia haftar

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