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Il programma F-35 continua a dividere il mondo politico e in particolare il Pd. La commissione Difesa della Camera ha approvato circa dieci giorni fa la relazione conclusiva dell’indagine conoscitiva sugli armamenti – documento che chiede tra l’altro una “moratoria” sugli F-35 e il dimezzamento della spesa –, con il sì proprio dei democratici.

Un modo di procedere che genera nel partito qualche perplessità. In primo luogo nel ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che per assumere decisioni che rimettano in discussione l’impegno preso precedentemente dal governo italiano nei confronti del velivolo di Lockheed Martin ha suggerito fosse preferibile attendere la stesura di uno strumento programmatico come il Libro Bianco.

Il voto in commissione non è stato visto di buon occhio nemmeno dall’ex ministro della Difesa del governo Prodi, Arturo Parisi, che ha spiegato a Formiche.net che a fronte di una nuova sforbiciata al numero di F-35 opzionati “c’è il pericolo per l’ Italia di avere un ruolo meno importante sul piano internazionale“.

Il quadro nel Pd è composito e frastagliato. Apertamente contrari al velivolo sono alcuni parlamentari democratici come Gian Piero Scanu e Carlo Galli, che hanno firmato la relazione, sostenendo la bontà dell’Eurofighter, il velivolo europeo alla cui realizzazione partecipa Alenia e che recentemente ha registrato un investimento di 200 milioni per il cambio del radar (i due mezzi, però, come spiegato dal generale Vincenzo Camporini, non sono paragonabili fra loro).

C’è infine un gruppo di sostenitori del programma F-35, tra i quali si può annoverare il senatore Nicola Latorre, presidente della Commissione Difesa di Palazzo Madama, che individua nel velivolo di Lockheed Martin, in cui sono coinvolte diverse aziende italiane, il modo migliore per sostituire nei prossimi anni i vecchi aerei italiani quasi obsoleti.

Questi gli schieramenti. Quanto all’iter, invece, il prossimo passo potrebbe essere un atto che impegni il governo, con una risoluzione da votare in commissione o una mozione in Aula, a procedere sulle linee guida indicate dal documento del Pd.

La palla allora passerebbe nuovamente nelle mani di Palazzo Chigi, dove sullo scranno più alto siede un altro democratico, il presidente  del Consiglio Matteo Renzi.

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