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L’unione delle destre? Tentativo fallito. Anche Francesco Storace concorda con l’analisi del coordinatore di Fli Roberto Menia, che proprio con l’ex governatore del Lazio e con la senatrice Adriana Poli Bortone aveva dato via al Movimentoxlalleanzanazionale. Dopo il mancato accordo con Fdi e la lepenizzazione forzata di La Russa e Meloni, condita dalla violenta polemica sulla Fondazione di An, ecco che Storace ha scelto di correre con Forza Italia ma senza candidarsi in prima persona.

La vostra scelta di correre alle europee con Fi certifica che l’unione delle destre è fallita?
Il problema c’è tutto. Ci sono state scelte che non abbiamo condiviso, sottolineo abbiamo, perché mai come in questo caso si è trattato di una scelta plurale. Forse sono stato il più tiepido all’interno del mio partito ad accettare il percorso verso Fi e non per un pregiudizio. Se avessi optato per Fratelli d’Italia una buona metà non mi avrebbe seguito come dimostrano le sinergie de La Destra con Fi già in Campania e Sicilia. Il problema è che se si fosse data l’idea di costruire un soggetto politico e non un mero cartello elettorale probabilmente le cose sarebbero andate diversamente.

Quando ha compreso che le destre non si sarebbero riunite?
Noi abbiamo preso atto lo scorso anno che non era credibile presentare un movimento con nove sigle, per questo proponemmo ad altre otto sigle di dar vita ad un unico soggetto politico: solo questa è stata la stella polare. Da quel momento siamo stati subissati di critiche, con le accuse di minestra riscaldata, di operazione nostalgia, fino alla grande manifestazione dello scorso novembre con Menia e Poli Bortone.

Quanto ha inciso il caos della Fondazione di An nel subbuglio finale?
Non solo quello, sono tre le cause del fallimento. A settembre in occasione della convention di Fdi di Atreju per un motivo sconosciuto il segretario de La Destra non è stato invitato a parlare del futuro della destra. Poi la storia della Fondazione è qualcosa di più di un semplice dispetto, ma dulcis in fundo al loro Congresso non mi invitano. Assurdo, se penso che oggi ho appena ricevuto da Angelino Alfano, a cui non sono legato, l’invito per il Congresso dell’Ncd. Mi chiedo il perché. Se il tema è la storia è chiaro che non ho percorsi comuni con Magdi Allam o con il rispettabilissimo Guido Crosetto, ma evidentemente la questione è un’altra. La mia storia ce l’ha Gasparri in Fi, Augello nell’Ncd, Arrighi nella Lega.

Da lì è nata la scelta di Fi?
Un passo che è coerente con ciò che è accaduto lo scorso anno. Se saremo capaci di rifare una grande destra avrà un senso, altrimenti Fi sarà un grande contenitore dove ci saremo.

Da queste colonne Roberto Menia ha osservato che la ricomposizione a droit è fallita e ora serve ragionare su altri orizzonti: quali?
Dico pubblicamente che è un’analisi esatta. Pur con le differenti valutazioni finali che oggi ci differenziano, devo dare atto a Menia di un garbo che pochi hanno. Sono contento di questo percorso comune che abbiamo fatto negli scorsi mesi, in cui abbiamo ritrovato uno spirito comunitario. Quando parla di fallimento centra la questione: un progetto non è andato in porto. In realtà non vi era la materia del contendere per dichiarare fallimento. An è stata sciolta e non è ancora stata ricostituita. Quello fu il vero fallimento quando, per paura dei sondaggi, si decise di sciogliersi nel Pdl. Oggi vedo una grande ipocrisia.

Da parte di chi?
Di chi dice che quelli senza fiamma vanno in Fi, ma in realtà gli altri nel Pdl ci sono stati mentre personalmente da sette anni ho fatto una scelta diversa e differente.

Se non è riuscita An col 12% a creare il fronte destro in Fi, dicono i vostri critici, come ci riuscirete voi che avete meno del 2%?
Infatti ci si va con grande umiltà, sapendo che è una partita complessa. Non sono certamente contento di non presentare il simbolo de La Destra alle europee. Chissà, se allora avessi fatto un’altra scelta sarei stato ministro o parlamentare. Ma ho rinunciato per quella voglia insopprimibile di destra. Per questo non mi candiderò personalmente alle prossime europee, ma farò campagna elettorale. Quando mi si porta come esempio la Le Pen in Francia, si dimentica che è una antisistema. Ho fatto il ministro per un anno, La Russa e Meloni per quattro, Alemanno non so per quanto: possibile che sia lecito impugnare il messaggio contro il palazzo e sventolarlo come un vessillo? Perché dobbiamo far ridere la gente?

Come uscirne allora, magari come propone sul Foglio Ferdinando Adornato auspicando un nuovo Partito delle Libertà?
Il problema è che non manca solo una destra, ma manca il centrodestra al nostro Paese. Occorre una nuova visione, magari quella che propone Alessandro Cattaneo con Cameron o quella di Viktor Orban in Ungheria. Ma in primo luogo a questa destra occorre vivacità e non personaggi che sono passati in un batter d’occhio da Mario Monti allo slogan “no euro”.

twitter@FDepalo

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