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Dopo l’entusiasmo per le dimostrazioni di piazza che in tre mesi hanno fatto fuggire da Kiev il presidente Viktor Yanukovich, è giunta l’ora della verità. La ricostruzione della normalità è sempre più difficile della distruzione di un regime. Lo si è visto nelle primavere arabe. Per complicare le cose, l’opposizione è divisa. Le varie fazioni bisticceranno fra di loro. I tre ministri degli esteri europei che si sono recati nella capitale ucraina – francese, tedesco e polacco – hanno ottenuto uno strano compromesso. Esso ignora la costituzione ucraina. Può darsi che fosse l’unica possibilità, ma si è creato un precedente pericoloso. La Russia di Putin ha sinora tenuto un atteggiamento sornione. Il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha però protestato, accusando il governo ad interim di incostituzionale e i rivoltosi di russofobia e di fascismo.

GLI ASSI NELLA MANICA
Vladimir Putin ha mantenuto i toni molto bassi. Forse l’ha fatto per non compromettere la sua apoteosi a Sochi. Più probabilmente l’ha fatto perché sa di avere tutti gli assi nella manica. Dalle rivolte si esce con il denaro o con i fucili. La Russia dispone di entrambi. Inoltre, controlla i rubinetti del gas, indispensabile all’Ucraina, e le dogane da cui transita oltre la metà del commercio ucraino. L’Unione Europea non dispone di tali strumenti. Per di più è divisa. Dopo averlo sollecitato, molti Paesi temono poi l’attivismo tedesco, soprattutto se unito all’entusiasmo polacco. In Polonia si torna parlare del mito di Prometeo, incatenato alle rocce del Caucaso per aver trafugato il fuoco degli dei dell’Olimpo, paragonato alla missione della Polonia di liberare i popoli dall’autoritarismo zarista. Altri ricordano il progetto politico dell’Intermarum del maresciallo Pilzuski o affermano che Putin intenderebbe ricostituire l’impero.

UN OBIETTIVO VITALE
Ma, per il Cremlino, l’influenza sull’Ucraina, evitando che cada nell’orbita occidentale, costituisce – o viene percepita, il che è poi lo stesso – un obiettivo vitale. Per molti europei l’Ucraina ha invece un’importanza marginale. Addirittura, l’associazione di Kiev all’UE potrebbe non solo essere costosa, ma anche rappresentare una “grana”, date le tensioni fra filoccidentali e filorussi. L’Europa può al massimo permettersi di dare qualche spicciolo. Non intende però mettersi ai ferri corti con Mosca.

LA STRATEGIA DEGLI USA
Gli Usa possono invece permettersi di essere più disinvolti. Il conto sarà pagato dall’Europa, non da loro. C’è da sperare che non intervenga il Fondo Monetario Internazionale. Con le sue condizionalità, aumenterebbe le probabilità di proteste di massa, se non di guerra civile. Il caso ucraino permette a Washington di rifarsi dalle umiliazioni che nel 2013 ha subito da Mosca, soprattutto nel caso delle armi chimiche siriane e dei nuovi rapporti russo-egiziani.

IN CERCA DI UN’INTESA
La soluzione migliore per uscire dalla crisi ucraina sarebbe un’intesa fra l’Occidente e la Russia. Per dare una mano alla stabilizzazione del Paese, l’accordo dovrebbe riguardare sia l’economica, che le istituzioni. I due pilastri della soluzione dovrebbero essere il mantenimento dell’unità del Paese, però profondamente diviso fra le province dell’ovest, agricolo, e indipendentiste, se non nettamente russofobe, e quelle orientali e meridionali, industriali, dominate dal filorusso Partito delle Regioni e sedi a Sebastopoli della Flotta del Mar Nero. Si tratta di un’eventualità improbabile, comunque di difficile attuazione. Le divisioni all’interno dell’Europa e fra gli europei e gli americani lo ostacolano. Sarebbe poi da vedere se gli ucraini lo accetterebbero.

IL DILEMMA YANUKOVICH
Tra l’altro, non si sa se Yanukovich abbia perduto completamente il suo potere, rassegnandosi alla sconfitta e limitandosi a godere i soldi che ha accumulato. Oppure se stia preparando la rivincita, con l’appoggio della parte delle forze armate e di polizia delle regioni filorusse e soprattutto con il sostegno delle ricchezze possedute dagli oligarchi ucraini e con quello economico e militare del Cremlino. Di certo, le regioni orientali, non hanno alcuna intenzione di cedere la loro autonomia a Kiev e, soprattutto, agli odiati galiziani che in massa si erano arruolati nell’esercito tedesco nella seconda guerra mondiale.

LA SOLUZIONE PRATICABILE
L’unica soluzione praticabile, a parte la speranza che le elezioni previste a maggio possano evitare nuovi disordini e violenze, sarebbe un accordo fra Mosca e Berlino, forse con l’appoggio esterno di Varsavia. Esso potrebbe evitare la spaccatura del Paese. Quest’ultima potrebbe essere mascherata per qualche tempo da un forte decentramento regionale. Non si dovrebbe però adottare un ordinamento del tipo di quello adottato a Dayton per la Bosnia-Erzegovina. In gran parte della sua storia, l’Ucraina ha avuto protettori. A Ovest, sono stati i polacco-lituani, gli asburgici e infine i tedeschi. A Est, i russi. Se non si vuole che il Paese si spacchi, con un’inevitabile sanguinosa guerra civile, occorrerebbe esaminare la possibilità che i protettori siano due contemporaneamente. Non è detto che la cosa riesca. Richiederebbe come premessa il ripristino dell’intesa che fra Berlino e Mosca sembrava essersi affermata con le intese fra la cancelliera Merkel e l’allora presidente russo Medvedev. Ma gli ucraini lo vorranno? E Mosca potrebbe accettare che i confini dell’Europa si spostino di fatto al Pruth o al Dnieper?

Vi spiego perché la crisi ucraina è solo all'inizio

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