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Intervenire in Libia è prioritario per l’economia e la sicurezza energetica dell’Italia. È il messaggio lanciato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha sottolineato come la stabilizzazione del Paese mediterraneo possa costituire un volano per l’industria degli idrocarburi della Penisola.

I VANTAGGI PER L’ENI

Ho detto a Ban Ki-moon (segretario generale dell’Onu, ndr) – ha rivelato ieri il premier durante la trasmissione tv Quinta Colonnache se riusciamo a intervenire in Libia, avremo un valore economico e civile. Con Eni ci portiamo a casa ben tre miliardi…“.

Le dichiarazioni di Renzi arrivano dopo il summit sull’energia che il 5 e 6 maggio ha riunito a Roma le prime sette potenze industriali del pianeta, e che ha avuto fra i suoi obiettivi quello di definire politiche utili a salvaguardare l’indipendenza energetica delle grandi economie.

Un obiettivo che l’Italia può raggiungere non solo dalla soluzione della crisi ucraina e da una maggiore cooperazione con gli Usa, ma anche attraverso la democratizzazione di Tripoli che, in virtù della prossimità geografica e del passato coloniale di Roma, intrattiene con la Penisola solide relazioni commerciali.

Eni è presente in Libia dal 1959 ed è il primo operatore internazionale di idrocarburi del Paese con una produzione equity attuale di circa 250.000 barili di olio equivalente al giorno.

IL RADDOPPIO DI PRODUZIONE

La Libia è la prima nazione africana per riserve di greggio. E la produzione di petrolio – come spiegava ieri il Wall Street Journal – è destinata a raddoppiare in queste ore con la riapertura dei giacimenti petroliferi occidentali e degli oleodotti avvenuta lunedì, dopo otto mesi di assedio da parte dei ribelli, che hanno ora raggiunto un accordo col governo. I campi, gestiti dalla spagnola Repsol e da Eni, producono insieme circa 500mila barili al giorno. Una intesa tuttavia fragile, viste le tensioni permanenti nella politica libica.

CAOS CRESCENTE

Dopo la guerra civile che ha portato alla caduta di Muammar Gheddafi in Libia si è assistito a un grave deteriorarsi della sicurezza. In assenza di una forza di polizia solida e di un esercito unificato, le autorità dipendono da allora dalle milizie, che sono fuori controllo. La comunità internazionale, da tempo preoccupata per quanto accade a Tripoli, potrebbe ora intervenire. Nel corso di una recente visita a sorpresa nel Paese, il vicesegretario di Stato americano William Burns ha avvertito le forze politiche e il governo che se l’instabilità politica del Paese non venisse risolta entro i prossimi due mesi, il presidente americano Barack Obama (che sul dossier ha chiesto un impegno maggiore dell’Italia), in coordinamento con l’Unione europea, invierà un rappresentante speciale per prendere in carico la transizione politica nel Paese.

IL NUOVO PREMIER
Un percorso che dovrà tenere conto del fatto che il Parlamento libico ha scelto intanto un nuovo primo ministro, Ahmed Matiq. L’imprenditore cresciuto nel Regno Unito è stato nominato premier transitorio del Paese dopo le dimissioni di Abdala al Zani lo scorso 13 aprile. A lui, già fortemente contestato, il compito di affrontare immediatamente le turbolenze che scuotono la Libia.

IL VIAGGIO NEGLI USA

Anche per questo il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, volerà in questi giorni a Washington, dove spiegherà la politica e gli auspici del nostro Paese sia l’Amministrazione Usa, sia il vertice delle Nazioni Unite.

IL NODO UMANITARIO

L’altro grande problema che pone infatti una Libia non pacificata è quello del traffico di esseri umani, diretti nelle prossime acque italiane, dove spesso si consumano tragedie del mare, come quella di Lampedusa. Per risolverlo, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, è intervenuta oggi proponendo due mosse in una intervista ad Avvenire: “Lo spostamento della sede centrale di Frontex da Varsavia all’Italia” e “un insediamento stabile dell’Onu già in Libia zona di partenza“. “Se riusciamo a mandare l’agenzia dei rifugiati sulle coste libiche – anticipò poche settimane fa Renzi a Porta a Porta, forse potremmo limitare anche il numero degli sbarchi“. A chi polemizza contro la missione Mare Nostrum e accusa lo Stato di debolezza, Pinotti ha invece risposto che “debolezza sarebbe voltare la testa dall’altra parte“.

Il pensiero lieve di Renzi sulla Libia

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