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Il 2024 sarà un anno di elezioni. Dagli Stati Uniti all’Europa, arrivando alla Federazione Russa, dove Vladimir Putin cercherà (presumibilmente con successo) una riconferma. E anche nel continente africano, il 2024 sarà un anno “elettorale”: 18 diverse consultazioni avranno luogo nei Paesi di tutta l’Africa, dove si alterneranno elezioni mancate a elezioni correttamente svolte, ed elezioni corrette ad elezioni truccate.

A partire dal Senegal, dove il presidente uscente Macky Sall ha ufficialmente rinunciato a ripresentarsi per un terzo mandato (superando il limite di due mandati previsto dalla costituzione del Paese). La candidatura ad apparire favorita nelle consultazioni elettorali di febbraio è quella del delfino di Sall e attuale primo ministro Amadou Ba; tuttavia, le forti proteste (con in testa la fascia più giovane della popolazione) che hanno avuto luogo in Senegal a sostegno del leader dell’opposizione Ousmane Sonko, attualmente impossibilitato a candidarsi per una condanna penale, dimostrano come la popolazione sia fortemente divisa sul piano politico. A dicembre, un tribunale senegalese ha ordinato il reinserimento di Sonko nelle liste elettorali, aprendogli la strada alle elezioni di febbraio. Una sua partecipazione effettiva al confronto elettorale potrebbe portare a risultati inattesi.

A luglio sarà invece il turno del Rwanda, dove invece il presidente Paul Kagame mantiene il potere sin dal 1994, e con l’emendamento della costituzione del Paese promosso nel 2015 adesso può rimanere in carica fino al 2034. Kagame intende ricandidarsi per un quarto mandato, e il risultato sarà facile da prevedere. Le elezioni si svolgeranno in un momento di alta tensione tra il Rwanda e la vicina Repubblica Democratica del Congo, dove si sono da poco svolte delle contestate elezioni che hanno riconfermato il presidente in carica Felix Tshisekedi.

Le elezioni presidenziali in Tunisia avranno invece a novembre, per la prima volta dall’emanazione della nuova Costituzione del Paese, redatta dal presidente Kais Saied e approvata lo scorso luglio in un referendum ampiamente boicottato dagli elettori. Secondo la nuova costituzione, il presidente può assumere e licenziare il primo ministro e i ministri parlamentari. Nel settembre 2023, Tunisi ha annunciato che gli osservatori stranieri non avrebbero potuto prendere parte alle elezioni. Non è un buon segnale, unito alle previsioni secondo cui molti tunisini boicotteranno il voto. Anche se ciò non basterà a fermare il processo.

Dopo le numerose proteste dell’anno scorso, con un salvataggio (il diciassettesimo dall’indipendenza del paese nel 1957) da tre miliardi di dollari stipulato con il Fondo Monetario Internazionale che ha causato sofferenze fiscali per molti cittadini comuni, quest’anno anche il Ghana andrà a votare. Il Paese ha una forte cultura dell’attivismo giovanile e la vittoria nella corsa alla successione del presidente Nana Akufo-Addo, che ha raggiunto il suo limite di due mandati, non è garantita per il New Patriotic Party, attualmente guidato dal vicepresidente Mahamudu Bawumia.

Anche in Paesi teatro di colpi di stato militari (coronati o meno dal successo) è previsto lo svolgimento di “elezioni”. A partire dal Mali, che nel giugno scorso ha indetto un referendum sulla nuova costituzione, la quale concede al capo dello Stato ampi poteri come la possibilità di nominare e licenziare i ministri. Secondo gli esperti l’attuale leader in carica, il colonnello Assimi Goita, e altri leader golpisti si stanno posizionando come potenziali candidati alla presidenza nelle elezioni che erano previste per il febbraio 2023 e che ora sono state rinviate all’ottobre 2024.

C’è poi il Ciad, dove il generale Mahamat Idriss Deby ha preso il potere nel 2021 alla morte del padre. Deby ha ritardato le elezioni di due anni a causa di una nuova costituzione, approvata con un referendum a dicembre, che istituisce assemblee locali autonome che consentono l’elezione di rappresentanti locali e la riscossione delle imposte. Ma la situazione interna è instabile. La possibilità di un colpo di stato interno da parte di membri della cerchia di Deby — a causa della guerra civile in Sudan e della sua presunta alleanza con gli Emirati Arabi Uniti — ha messo il Ciad in una situazione precaria mentre le elezioni incombono.

Infine, nella vicina Guinea-Bissau, il presidente Umaro Sissoco Embalo ha sciolto il parlamento per la seconda volta in meno di due anni dopo il fallimento di un colpo di Stato nel novembre 2022. Embalo ha sciolto il parlamento anche nel maggio 2022, dopo un altro apparente tentativo di rovesciamento nel febbraio 2022.

Le varie tornate elettorali sono un sottile filo rosso che collega più realtà, ognuna delle quali caratterizzata da una situazione unica e con caratteristiche specifiche. Un quadro da tenere a mente nell’attuazione del Piano Mattei. Certe differenze, peculiarità e contesto comportano articolazioni nella proiezione italiana nel continente.

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