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A sproposito si continua a parlare in Italia di partito che deve accogliere i moderati per essere tutti nel Partito Popolare Europeo. E’ giusto a questo punto chiarire.
Gli eventi della Rivoluzione francese sconvolsero l’ordine istituzionale nei vari paesi europei. Una nuova Europa stava nascendo, c’era la necessità di attrezzarsi per essere all’altezza del cambiamento. Il problema si pose anche in campo cattolico e Federico Ozanam, fondatore della San Vincenzo de Paoli, fu tra i primi a capire che cattolicesimo e democrazia dovevano incontrarsi. Egli intuì che un’idea di democrazia cristiana, contraddistinta da una visione economica e sociale a favore dei ceti più deboli era necessaria. Il vento nuovo che iniziò a spirare con l’arrivo di Pio IX (1846) sulla Cattedra di Pietro indusse il padre teatino Gioacchino Ventura ad abbracciare le idee democratiche. Incomincia, quindi, da qui in questo clima, con questi uomini a farsi strada tra i cattolici l’idea di democrazia e di democrazia cristiana. Se ci fosse la disponibilità di intellettuali, di uomini di cultura, di esponenti politici si potrebbe approfondire questa importante questione di carattere storico e politico. Perché, da allora in avanti e sino ad oggi,  questo ideale si afferma, ed è tuttora  applicato nel concreto, superando ostacoli di natura teorica e pratica? Una ragione non residuale ci deve pur essere. Alla fine del XIX secolo l’attivismo sociale e politico in campo cattolico era ormai una realtà in fermento. Lo stesso sodalizio tra Luigi Sturzo e Romolo Murri, quest’ultimo, ispiratore di un movimento di intransigenti chiamato democrazia cristiana, si poneva il problema di come assegnare forma e sostanza ad un soggetto politico che desse la possibilità ai cattolici di partecipare alla vita pubblica, una volta superato il non expedit(Veto ai cattolici da parte della Santa Sede, dopo la breccia di Porta Pia, di partecipare alle elezioni). La pubblicazione della Rerum Novarum, enciclica a carattere sociale sottoscritta dal Leone XIII nel 1891, agevolò l’avanzare del progetto. Una prima riflessione Sturzo, rotti i rapporti con Murri, la svolse a Caltagirone nel dicembre 1905 dove tracciò le linee fondamentali del futuro partito. Il cammino intrapreso con la speranza nel cuore proseguì fino alle elezioni del 1913, quando cattolici e liberali dettero vita al patto Gentiloni, documento che obbligava i candidati giolittiani a sottoscrivere alcuni punti fondamentali secondo gli insegnamenti della dottrina della Chiesa in cambio del voto dei cattolici. Siamo alla prima attenuazione del non expedit, che sarà definitivamente abolito con le elezioni del 1919. Lo scoppio della prima guerra mondiale, se da un lato rallentò i lavori di costruzione della formazione politica, dall’altro accelerò la fine dello stato liberale di stampo giolittiano, rendendo più agevole l’ingresso nelle istituzioni dei partiti di massa, segnatamente il partito popolare guidato da don Sturzo e il partito socialista. Infatti, il 18 gennaio 1919 don Luigi Sturzo e la piccola costituente popolare potevano finalmente annunciare la nascita del PPI (Partito Popolare Italiano).
“Il popolarismo fu il punto culminante della contrastata e spesso contraddittoria vicenda dei cattolici di ogni parte d’Italia, usciti dal clima e dal linguaggio della protesta cattolica intransigente, rimasta sempre chiusa nel rifiuto dei “fatti compiuti” e pervasa fino alla fine da suggestioni tradizionaliste bonaldiane”.
Il programma, originale e innovativo per l’epoca, incontrò consensi e critiche, anche aspre, da parte di chi temeva il successo di un  partito che parlava il chiaro linguaggio della democrazia e della libertà, e che era il soggetto politico di riferimento per cattolici e non, spinti ad assumere ruoli di responsabilità pubbliche, che il sistema giolittiano aveva tenuto ai margini. Alcuni punti caratterizzanti il programma del PPI erano incentrati su:
-Integrità della famiglia.
-Libertà di insegnamento in ogni grado.
– Riconoscimento giuridico e libertà dell’organizzazione di classe nell’unità sindacale,
– Legislazione sociale sul pieno diritto al lavoro.
-Risoluzione nazionale del problema del mezzogiorno.
– Libertà ed autonomia degli enti pubblici locali.
-Riforma tributaria generale e locale, sulla base dell’imposta progressiva globale con l’esenzione delle quote minime.
– Riforma elettorale con il collegio plurinominale a larga base con rappresentanza proporzionale. Voto femminile. Senato elettivo con prevalente rappresentanza dei corpi della nazione (corpi accademici, comune, provincia, classi organizzate).
Questo in sintesi estrema il pensiero popolare ideato, elaborato, seguito tenacemente da Sturzo, e che ha segnato per più di un secolo la politica italiana, prima con il PPI, poi con la DC. Infine, con i partiti della cosiddetta seconda repubblica, che hanno solo stravolto il popolarismo anziché esaltarlo come idea peculiare.
Si confonde oggi il Partito Popolare Europeo coi popolari. E’ altra questione, nella forma e nella sostanza. Ne parleremo nei prossimi giorni

Sul malinteso significato di Popolarismo

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