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Strana storia al confine tra Giordania e Siria. Caccia giordani hanno attaccato e distrutto un convoglio di pick-up che stava attraversando le impervie aree desertiche che delimitano il confine siriano del regno. All’interno ci sarebbero stati ribelli anti-Assad. Ai veicoli sarebbe stato intimato più volte l’alt, anche attraverso colpi di avvertimento: chi alla guida avrebbe ignorato le indicazioni dei militari giordani, che a quel punto hanno risolta la pratica con un attacco aereo.

Tutto è avvenuto in mattinata (intorno alle 10:30 ora locale), come ha confermato il portavoce del governo di Amman, il ministro delle Comunicazioni Mohammad al-Momani, che però è stato piuttosto evasivo, parlando di veicoli «mimetizzati» che hanno forzato i confini infischiandosene dei numerosi avvertimenti, «a quel punto i caccia hanno aperto il fuoco»: niente sul chi ci fosse a bordo, niente sul numero, né su morti e feriti, niente sul luogo dell’attacco (territorio giordano o siriano?). Sana, l’agenzia di stampa statale siriana, ha subito ripreso le parole di un colonnello dell’esercito regolare, che ha fatto sapere che non c’erano propri veicoli nell’area: come a dire, fatti loro.

Le relazioni tra la Siria e il Regno del deserto, si sono sbriciolate dopo l’inizio del conflitto, tanto che le zone di confine sono diventate un canale importante per permettere a armi e rifornimenti di raggiungere i ribelli – aiuti limitati (per denuncia degli stessi ribelli, se n’era già parlato), che tuttavia consistono anche in una base logistica ad Amman e in un campo addestramento, ovviamente sempre diplomaticamente negati. Denegare ogni genere di coinvolgimento nel conflitto, serve alla Giordania per evitare il rischio di ritorsioni interne. Girano infatti da un po’ di tempo, informazioni di intelligence che parlano di gruppi di mukhabarat siriani – o cellule di milizie locali assunte da Assad – presenti nel regno e pronte ad azioni di sabotaggio se il sostegno ai ribelli dovesse diventare più consistente, e ufficiale.

Restano comunque parecchi dubbi, tutti da verificare: perché è vero che il confine giordano – a differenza di quello turco – è da sempre molto controllato, ma è altrettanto vero che è la prima volta che succedono eventi del genere. Le possibili soluzioni, allora, sono due (anche perché, come detto, le Forze armate siriane hanno negato subito qualsiasi coinvolgimento, rendendo difficile pensare che si potesse trattare di un attacco contro milizie pro-Assad). Dunque o si trattava proprio di un convoglio di ribelli (come si dice dalle prime ore dopo il fatto), magari in fuga e magari sotto attacco dei corpi di Assad. E allora, in questo caso, sarebbero stati gruppi islamisti, dai quali la Giordania vuole prendere ulteriormente le distanza; e per farlo, visto che nell’area stanno aumentando gli scontri (e dunque, fisiologicamente, la presenza di ribelli jihadisti), ha deciso di inasprire le azioni. Come dire, insomma, che il regno decide chi aiutare e chi no, e per prendersi la mano giordana – e saudita e americana – serve il certificato ufficiale di non essere integralisti islamici; anche perché occorre avere una certa intransigenza, se si considera che quel confine corre per circa 370 chilometri, e le infiltrazioni possono diventare preoccupanti. Altra opzione è che si sia trattato di un eccesso di zelo, diciamo così per dire di un eccesso di difesa, sempre sulle basi di quelle preoccupazioni – tenere il conflitto, e i combattenti “non buoni”, lontani dal regno. O magari un po’ di entrambe le cose.

Un segnale forte tuttavia, molto probabilmente per esprimere la volontà di restare fuori dal degenerare del conflitto – rappresentato anche dall’ingresso in campo delle forze jihadiste.

Va da sé che queste ricostruzioni, fin qui altro non sono che speculazioni, a cui seguiranno fatti con ulteriori informazioni (forse), e semmai se ne riparlerà.

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