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Un accordo importante quello firmato da David Cameron e Francois Hollande lo scorso 31 gennaio nella base aerea di Brize Norton (UK). Un accordo che sottolinea ancora una volta l’asse privilegiato che si va consolidando tra i due Paesi nel campo della difesa e che almeno per il momento pare non voler coinvolgere troppo altri soggetti. La lettera di intenti è forse anche in parte figlia delle sconfitte e dei ritardi in alcune campagne di export, come quella emiratina, che ha visto l’esclusione di BAE Systems e dell’Eurofighter dalle trattative per l’acquisto di una sessantina di caccia, e quella indiana, in ritardo sulla firma del contratto con Dassault Aviation per l’acquisto di 126 caccia Rafale.

IL FUTURE COMBAT AIR SYSTEMS CHIAVE DELL’ACCORDO 

Decisamente rilevante all’interno dell’accordo, che riguarda sistemi spaziali, terrestri, marittimi e aeronautici, l’avvio di uno studio di fattibilità congiunto della durata di 2 anni (valore 120 milioni di sterline) per il future combat air systems (FCAS), che espande di 18 mesi l’accordo di Lancaster House del 2010 per un UCAV (unmanned combat air vehicle) anglo-francese. I protagonisti, BAE e Dassault Aviation, condivideranno le rispettive esperienze fatte con i dimostratori tecnologici Taranis e Neuron, entrambi stealth. “I nuovi studi – dichiara Dassault – getteranno le fondamenta del futuro caccia europeo”, il successore senza pilota dell’Eurofigther Typhoon e del Rafale. Nel programma saranno coinvolte anche Rolls-Royce e Snecma per i motori e Selex e Thales per la sensoristica.

LA CORSA DEGLI USA

Il Taranis, svelato nel 2010, ha condotto il primo volo e una campagna di prove in Australia a ottobre 2013, mentre il Neuron, programma a cui partecipa anche l’Italia assieme ad altri 5 Paesi, ha effettuato il primo volo nel 2012 sulla base francese di Istres. I presupposti per procedere parrebbero ora esserci, anche se alcuni competitor come l’americana Northrop Grumman procedono speditamente in questo sfidante settore. Tant’è che, come rivelato da Aviation Week qualche tempo fa, l’unmanned “segreto” della Northrop – che ha battuto sia Lockheed Martin che Boeing per un nuovo UAS da combattimento – starebbe volando sull’Area 51 per validare i progressi fatti sulla bassa osservabilità e l’efficienza aerodinamica. Obiettivo del progetto? Avere una piattaforma allo stato dell’arte per effettuare missioni di intelligence, ricognizione e sorveglianza (ISR) anche in aree “non permissive”, quegli spazi aerei ancora inaccessibili alle attuali piattaforme senza pilota, da schierare con l’Air Force già a partire dal 2015.

E GLI ALTRI?

Di altre analoghe iniziative per ora non si parla, ma l’interesse delle difese su questo filone è molto elevato e non è escluso che altri programmi unmanned vengano lanciati in futuro anche al di fuori dell’asse Francia e Regno Unito. La decisione anglo-francese ripropone infatti il tema di un possibile programma europeo, in cui risulta difficile pensare che l’industria di Italia e Germania starà alla finestra. “E’ impensabile che gli altri maggiori Paesi europei, fra cui l’Italia, possano rimanere esclusi da questo settore”, ha sottolineato a Formiche.net Michele Nones, direttore del programma sicurezza e difesa dello IAI-Istituto Affari Internazionali di Roma. “La sopravvivenza delle capacità industriali, tecnologiche ed operative europee nei velivoli da combattimento si gioca sull’unmanned. Perdere questa opportunità vuol dire ricreare la situazione che oggi c’è nei velivoli da attacco al suolo dove l’unico competitore è l’americano F-35. Né si può pensare che Regno Unito e Francia diventino i fornitori esclusivi del mercato europeo. Se non ci sarà un velivolo comune molti Paesi andranno su soluzioni diverse in cui possano meglio tutelare i loro interessi”.

IL RISCHIO DELLA FRAMMENTAZIONE

“Il mercato europeo è appena sufficiente, se considerato tutto insieme – continua Nones – per sostenere un unico programma comune, figurarsi se questo mercato fosse frammentato su più iniziative. Mi sembra più probabile che Regno Unito e Francia vogliano prepararsi a fare la parte del leone in un futuro programma europeo, sviluppando nuove competenze e tecnologie. La risposta non può che essere quella di non farsi trovare impreparati, accelerando ricerca e sviluppo anche da parte italiana”. E qualcosa forse si sta già muovendo.

TERZO VOLO PER IL P.1HH

Ambizioni e progetti futuri a parte – il 4 febbraio scorso – il velivolo senza pilota di Piaggio Aero, il P.1HH, ha condotto con successo altri due voli sulla base dell’Aeronautica Militare di Trapani-Birgi. Le prove seguono il debutto in volo dell’“Hammer Head”, avvenuto a novembre 2013. Concepito per missioni di ricognizione, acquisizione e scambio informazioni, il velivolo – derivato dell’aereo commerciale P.180 Avanti II – sta puntando a dimostrare le proprie capacità ad essere impiegato come assetto per funzioni di comando e controllo. Il programma è portato avanti da Piaggio Aero con Selex ES, che a bordo dell’unmanned carica diversi sistemi di controllo missione.

 

Asse franco-inglese per l'erede senza pilota dei caccia europei. Parla Nones

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© Sala Stampa Farnesina

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