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Il Codice di Autoregolamentazione sui fenomeni di cyberbullismo presentato dal Ministero dello Sviluppo Economico apre una drammatica questione di legittimità e di opportunità perchè nel mentre si cerca di sostenere nobili fini di contrasto, si delega a società per lo piu’ straniere il diritto di decidere come un Tribunale e in sole due ore, sulle vicende piu’ controverse che possono accadere online. Ci troviamo dunque di fronte ad un pasticcio normativo di sole tre pagine in cui gli operatori aderenti hanno inanellato una serie di buoni propositi in termini di pubblicità, arrogandosi però il diritto di filtrare i contenuti che ritengono, a loro insindacabile giudizio, inopportuni. Non ci meraviglia che un Governo pasticcione, capace di incredibili retromarce come quelle sulla webtax e sugli stipendi dei professori, non abbia perso l’occasione di spendersi con parole straordinarie per elogiare questo codice e lanciare al tempo stesso un messaggio di conforto all’opinione pubblica, che su questo tema appare molto sensibilizzata.

Anzitutto non è dato sapere con esattezza chi aderirà al codice sciorinato in TV dal Vice Ministro Antonio Catricalà. Si parla di Google e di Microsoft ma si liquida tutto il resto con un vaghissimo “eccetera” che alcuni giornali hanno acriticamente riportato testualmente con un ‘ecc.’ rilanciando in maniera pedissequa il comunicato stampa diramato dal Ministero. Facebook ad esempio, aderirà? Facebook possiede anche Instagram: aderirà? Yahoo possiede Flickr, aderianno anche loro? Dettagli non trascurabili specie perchè attualmente viene dato piu’ peso alla notizia che l’Associazione dei Telespettatori Cattolici ha avallato questo codice. Dunque un’associazione di persone che guarda la televisione è stata interpellata su un fenomeno che si esprime su Internet. Ma andiamo avanti.

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Grandi esempi in passato si sono susseguiti su temi limitrofi, seppur con scarsi esiti. Ricordiamo da ultimi il Codice di Autoregolamentazione Tv e Minori, quello Internet e Minori e quello Media e Minori, tutti falliti miseramente per una disarmonia sostanziale tra i comitati di controllo, con sanzioni risibili, difficoltà nel cogliere la coercibilità dell’azione in capo ai soggetti controllati, ed obblighi poco stringenti. Anche il Comitato chiamato a presiedere l’attuazione del codice sul cyberbullismo soffre di altrettanti limiti. Anzitutto non si conosce la composizione. Non si determina quando deve riunirsi. Tra le massime sanzioni che può irrogare c’è solo un semplice richiamo. Insomma, è legittimo chiedersi: siamo di fronte a una facile occasione di marketing politico o si vuole davvero arginare il fenomeno che ha mietuto molte vittime tra i giovani online?

Non resta che inoltrare alcune proposte alla consultazione indetta dal Ministero sul testo pubblicato. Ed anche qui occorre fare una nota metodologica finale: è opportuno raccogliere osservazioni in ordine sparso oppure sarebbe stato meglio suddividere il codice, promuovendo la discussione su punti specifici e con altrettanto specifiche domande su ogni tema?

Non siamo certi che questo Codice possa avere in futuro un seguito, considerando la pochezza degli impegni e l’altalenanza di questo Governo su tematiche affini. Rimarremo comunque in attesa che qualcuno abbia voglia di farsi carico anche di questo Codice, investendo da subito un po’ di risorse intellettuali su un testo talmente modesto e in talune parti corrotto, che appare plausibile oltre che auspicabile una sua riscrittura integrale sotto l’occhio vigile dell’ufficio legislativo del Ministero.

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Varato il Codice di Autoregolamentazione sul Cyberbullismo: così Google avrà i poteri di un Giudice

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