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Oggi è il gran giorno. Giuseppe Mussari, ex presidente del Monte dei Paschi di Siena, sarà in aula per rispondere alle domande dei giudici della città che lo accusano, assieme all’ex direttore generale Antonio Vigni e all’ex capo della finanza proprietaria Gianluca Baldassarri, di ostacolo alla vigilanza. La vigilanza è, ovviamente, quella della Banca d’Italia che si è costituita parte civile. E l’ostacolo riguarderebbe l’occultamento a Bankitalia del Mandate Agreement (“Mandate”) con Nomura a proposito del famoso contratto Alexandria.

Il processo in corso a Siena, però, è pieno di interrogativi che si fanno sempre più inquietanti. Il reato di ostacolo alla vigilanza, infatti, pare giustificato solo se effettivamente Banca d’Italia nulla sapeva circa il Mandate. Ma su questo avremo modo di tornare.

Stupisce, invece, che nel processo ancora non sia comparso un documento fondamentale. Di cosa parliamo? Del rapporto interno fatto stilare dalla banca presieduta da Alessandro Profumo e guidata da Fabrizio Viola che ha ricostruito tutte le fasi del ritrovamento del Mandate nella cassaforte di Vigni.

Che questo documento ci sia lo dice lo stesso Viola. In una lettera inviata alla Guardia di Finanza il 31 gennaio 2013, in cui consegna alcuni documenti, l’amministratore delegato del Monte afferma: “Colgo l’occasione per informare che è in fase di completamento da parte della funzione Internal Audit una dettagliata ricostruzione delle diverse fasi attraverso le quali è statto rinvenuto il documento Mandate Agreement. Non appena disponibile sarà nostra cura inviarvelo”.

Una ricostruzione dettagliata sull’evento-clou che giustifica il processo e da cui è nato tutto lo scandalo Mps: cioè il dichiarato “occultamento” del Mandate nella cassaforte. Il documento è quindi fondamentale. Eppure agli atti del processo di Siena ancora non c’è. Incredibile.
Sentiamo cosa dice ancora Viola sul tema durante il suo interrogatorio nell’ambito dello stesso processo. All’avvocato Filippo Dinacci (difensore di Baldassarri) che gli chiede se il documento redatto dall’Internal Audit della banca è poi stato effettivamente inviato alla Guardia di Finanza così risponde: “Ritengo che l’audit l’abbia fatto, o se non lo ha fatto, lo ha fatto tramite la Guardia di Finanza che costituiva il trait-d’union per il passaggio dei documenti”.

La domanda è: ma questo documento fondamentale per capire tutta la storia – e le effettive responsabilità – dove è finito? Chi ce l’ha in mano e perché ancora non è comparso nel processo? C’è forse qualche interesse di qualcuno a tenerlo – questo sì – davvero nascosto in qualche cassaforte?

Un mistero sul Monte

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