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Ma cosa ha detto Mediobanca di tanto scandaloso sulle fondazioni bancarie da meritarsi la reprimendo dell’inossidabile “quasi” ottantenne avvocato comasco Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, l’associazione che raduna, appunto, fondazioni e casse di risparmio?

Ha detto che gli azionisti di Intesa Sanpaolo potrebbero veder aumentare l’utile per azione dal 14% e quelli di Unicredit addirittura del 30%. A condizione che le fondazioni socie dei due istituti trasformino le loro azioni in CoCos, acronimo inglese per le obbligazioni ibride convertibili in azioni.

La ricetta targata Mediobanca Securities è contenuta in un analitico studio redatto da Andrea Filtri, Antonio Guglielmi e Andrea Carzana. Lo studio parte da un report precedente del 2012, intitolato “ReFoundation”, dove si sosteneva che la crisi finanziaria aveva rotto la relazione simbolica tra la fondazione e le banche, rendendola finanziariamente insostenibile. La fondazione, infatti, voleva un’iniezione di capitale e dividendi ridotti, forzando gli istituti a tagliare i bonus e a distribuire riserve. Tra il 2011 e il 2012 il valore degli asset e dei premi delle maggiori fondazioni bancarie è sceso rispettivamente del 16 e del 30% rispetto al 2010 e il flusso di cassa è stato negativo per i 4 anni successivi.

Mps, Carige, Banca Marche, CariFerrara, Tercas, Banca Popolare di Spoleto, Veneto Banca, Banca Cividale: queste sono, secondo Mediobanca Securities, solo alcune della banche sotto speciale osservazione visto che l’aumentare di debito tossico sta mettendo in pericolo la qualità dei loro capitali. Tali istituti detengono insieme circa 300 miliardi di masse e rappresentano il 7% del totale delle azioni dell’industria bancaria, rappresentando quindi un potenziale rischio sistemico. La loro particolare governance, inoltre, rappresenta un ostacolo alla loro ricapitalizzazione. Questo problema è noto all’estero: il presidente della Bce Mario Draghi, il Fmi, la Banca d’Italia e il ministero del Tesoro hanno richiesto una riforma delle fondazioni. E proprio il Tesoro sponsorizza una riforma delle fondazioni che implichi una diversificazione del portafoglio, proibisca il leverage e imponga un controllo sulle banche che investono in hedge fund e derivati.

Gli investimenti delle fondazioni nelle banche devono generare stabili e crescenti flussi di cassa per finanziare le loro erogazioni. E anche se i rendimenti assicurati sono stati finora modesti, sono note le difficoltà che le fondazioni hanno nell’abbandonare le banche quando queste sono ancora nei guai e presentano valutazioni basse. Mediobanca Securities propone quindi di convertire con uno swap le partecipazioni delle fondazioni in “bank CoCos” ottenendo così di: 1) aumentare la visibilità degli investimenti, 2) migliorare la governance del modello banca-fondazione e 3) lasciare invariata la qualità del capitale bancario invariata. Questa ricetta è fattibile dopo che il 13 dicembre scorso il Parlamento ha permesso la deducibilità fiscale dei CoCos per le banche.

I CoCos rappresenterebbero inoltre un’evoluzione positiva per tutti gli azionisti. Le fondazioni otterrebbero infatti rendimenti più elevati e visibili (circa l’8,3%), mentre le banche ci guadagnerebbero in governance e profittabilità e gli azionisti di minoranza registrerebbero un incremento dell’utile per azione e del dividendo per azione. Lo studio di Mediobanca, simulando l’operazione CoCos su Intesa Sanpaolo e Unicredit, dove le fondazioni possiedono, nel complesso, rispettivamente il 28% e l’11% di ordinarie, ha calcolato che si otterrebbe: 1) Un aumento del 14% dell’utile per azione e del 5% del Return on tangible equity per Intesa Sanpaolo e un aumento del 30% dell’Eps e del 2% Rote per UniCredit, 2) un aumento dell’1% del dividend yield e 3) un premio del rendimento sull’investimento del 3% per le fondazioni.

Chissà perché questi numeri a Guzzetti non piacciono…

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