Causa numeri ballerini, la maggioranza capitolina guidata da Virginia Raggi si scopre improvvisamente risicata. Per la sua tenuta è sempre più fondamentale il ruolo della fronda interna. E così Pd e Fratelli d’Italia pensano alla mozione di sfiducia. Intanto è scontro aperto tra la sindaca e Nicola Zingaretti che ha smentito, ma in maniera non troppo convinta, la sua eventuale candidatura per il Campidoglio
Cittadine e cittadini di Roma, ecco le montagne russe! Nella campagna elettorale più pazza e più lunga del mondo – di fatto è iniziata la scorsa estate e finirà non prima del prossimo autunno – può capitare di tutto, anche che la sindaca in carica e già ricandidata per il bis si trovi improvvisamente a rischiare il posto per via di una possibile, ma non ancora certa, mozione di sfiducia. Che, nel caso, verrebbe presentata da due forze politiche, il Partito democratico e Fratelli d’Italia, che sono un po’ come il diavolo e l’acqua santa – ognuno scelga quale possa essere l’uno e quale l’altro -, divise su tutto, tutto davvero, tranne che sul giudizio politico da dare all’esperienza di Virginia Raggi.
Ma andiamo con ordine. Ieri la maggioranza cinquestelle ha perso il suo quinto consigliere comunale dall’avvento in Campidoglio dell’era pentastellata. Si tratta di Gemma Guerrini, che si va ad aggiungere a Simona Ficcardi, Cristina Grancio, Monica Montella e Agnese Catini. Morale della favola, dai 30 iniziali – Raggi compresa – il movimento è passato a 25 consiglieri su un totale di 49 componenti dell’Assemblea Capitolina. Ma, com’è normale, il sindaco di solito non riesce a partecipare ai lavori d’aula mentre il presidente, che nella fattispecie è il grillino Marcello De Vito – peraltro uno dei principali oppositori interni di Raggi -, spesso e volentieri si astiene per non venire meno al suo ruolo super partes.
Ecco allora palesarsi, numeri alla mano, il problema politico, tutt’altro che marginale, in cui si è trovata la maggioranza, al cospetto del quale potrebbe saldarsi l’insolita alleanza tra Pd e Fdi. Che, peraltro, rappresentano i principali gruppi di opposizione in Assemblea Capitolina: il primo con 8 componenti e il secondo con cinque, se si considerato pure Giorgia Meloni e Rachele Mussolini che fanno parte del gruppo “Con Giorgia Meloni Sindaco” (la leader di Fratelli d’Italia nel 2016 si candidò a primo cittadino).
I due partiti, d’altronde, ci stanno pensando, come hanno affermato chiaramente i due capigruppo in consiglio comunale. “Avvieremo un confronto con tutti coloro che sono all’opposizione, ma anche con l’ala critica della maggioranza, per verificare se ci sono le condizioni politiche per una mozione di sfiducia nei confronti di Raggi, che non sia solo presentata ma anche approvata”, ha commentato l’esponente di Fdi Andrea De Priamo. Parole cui hanno fatto eco quelle di Giulio Pelonzi del Pd: “La città rischia di non avere le risposte che servono in tempi di crisi. Per l’eventuale mozione di sfiducia serve una maturità e una consapevolezza politica che vada oltre l’opposizione perché, seppure di pochissimo, ad oggi i numeri non sarebbero sufficienti”.
Ovvero, tradotto, l’opposizione avrà bisogno, nel caso, di un ulteriore aiuto per riuscire a far approvare l’eventuale sfiducia. Ok, ma da cercare dove? Nella cosiddetta fronda a cinquestelle, in pratica la minoranza romana del partito, composta da Enrico Stefano, Marco Terranova, Angelo Sturni e Donatella Iorio i quali, non casualmente, oggi hanno preso la parola all’unisono. Con la conferma di voler continuare a sostenere la maggioranza, ma ad alcune esplicite condizioni: “Non voteremo più atti che arriveranno in Aula a pochi giorni dalla scadenza, non voteremo più atti che riterremo non strettamente legati all’attuazione del programma. Chiediamo dunque che la sindaca presenzi in Aula a tutte le votazioni delle proposte di delibere di giunta e che gli atti siano sempre rappresentati e discussi nelle commissioni competenti per tutto il tempo necessario”.
E ancora, per non correre il rischio di non essere capiti: “Riteniamo che la sindaca non possa più sottovalutare la situazione precaria della maggioranza che la sostiene e le difficoltà che essa vive, dovute anche a un atteggiamento di distacco sempre più crescente nei confronti dei consiglieri eletti dai romani che nel tempo ha determinato un isolamento della sindaca e della sua giunta, sempre più impegnati e attenti alle attività di mera campagna elettorale”.
Commenti non certo rassicuranti per la sindaca che nel frattempo oggi ha ingaggiato un durissimo botta e risposta con Nicola Zingaretti. “La ricandidatura di Raggi è una minaccia per Roma”, ha affermato ieri sera da Giovanni Floris a Dimartedì il governatore del Lazio che ha pure smentito, ma non sembra potersi dire con parole definitive, la sua dibattuta corsa verso il Campidoglio: “Faccio l’amministratore da 14 anni perché in questa Regione ho sempre vinto le elezioni. Mi auguro che la mia comunità metta in campo altre risorse. Sono presidente della Regione Lazio e vorrei, voglio, portare avanti questa missione”.
Dichiarazioni, le prime, che hanno scatenato la reazione compatta del movimento a difesa di Raggi: da Stefano Buffagni a Paola Taverna passando per Francesco Silvestri, sono numerosi gli esponenti pentastellati intervenuti a sostegno della prima cittadina e contro Zingaretti. “Parole come pietre”, ha puntato il dito oggi la sindaca grillina, secondo cui “non è lecito provare ad emarginare una persona che – al di là delle opinioni politiche – è realmente minacciata dalla criminalità”.
L’antipasto della sfida che, secondo alcuni, potrebbe consumarsi alle urne il prossimo autunno? E’ presto per dirlo. Nonostante la frenata l’ipotesi Roberto Gualtieri non è ancora tramontata mentre, secondo alcuni, starebbe tornando d’attualità la pista che conduce a David Sassoli. Lo scontro, comunque, conferma certamente il rapporto conflittuale che vi è sempre stato, salvo rare eccezioni, tra Raggi e Zingaretti, il quale peraltro nei giorni scorsi ha fatto entrare in giunta Roberta Lombardi, ovvero la rivale più rivale che c’è della sindaca capitolina. E il centrodestra? Alla finestra, in un atteggiamento che pare un po’ sornione e un po’ dettato dalla reale mancanza di candidati credibili.
Che la corsa continui!