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Blue Economy, Confindustria racconta un mare di business

Il 15 luglio 2025, a Roma, è stato presentato ufficialmente il documento strategico di Confindustria “Economia del Mare. Azioni strategiche per la competitività del Paese”, a cura di Mario Zanetti, delegato del presidente per l’Economia del Mare. L’evento ha segnato un passaggio decisivo nel riconoscimento del comparto marittimo come pilastro dello sviluppo economico nazionale e della proiezione italiana nel Mediterraneo

Il 15 luglio 2025, a Roma, è stato presentato ufficialmente il documento strategico di Confindustria Economia del Mare. Azioni strategiche per la competitività del Paese, a cura di Mario Zanetti, delegato del presidente per l’Economia del Mare. L’evento ha segnato un passaggio decisivo nel riconoscimento del comparto marittimo come pilastro dello sviluppo economico nazionale e della proiezione italiana nel Mediterraneo.

Secondo i dati illustrati, il valore complessivo dell’Economia del Mare ha raggiunto i 216,7 miliardi di euro (rispetto ai 178,3 del 2024), con un impatto diretto di 76,6 miliardi e una quota pari all’11,3% del PIL nazionale (in crescita rispetto al 10,2% dell’anno precedente). Il comparto coinvolge oltre un milione di occupati e più di 230mila imprese, con un incremento del 2% nel numero delle aziende tra il 2022 e il 2024. Ogni euro investito nel settore ne attiva mediamente quasi due, con moltiplicatori ancora più alti in ambiti come la cantieristica.

Il documento è stato introdotto da un videomessaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e ha visto la partecipazione di numerose personalità istituzionali e rappresentanti del mondo produttivo. Tra questi: Nello Musumeci (ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare), Emanuele Orsini (presidente di Confindustria), Vannia Gava (vice ministro dell’Ambiente), Paola Frassinetti (sottosegretario al ministero dell’Istruzione), Edoardo Rixi (vice ministro delle Infrastrutture), Roberta Angelilli (vicepresidente della Regione Lazio), Nicola Carlone (comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto), Enrico Credendino (Capo di Stato Maggiore della Marina Militare), Stefano Laporta (presidente dell’Ispra), Fabio Rampelli (vicepresidente della Camera dei Deputati), e Simona Petrucci (presidente dell’intergruppo parlamentare sull’Economia del Mare).

Confindustria, unica organizzazione datoriale a rappresentare l’intero comparto, ha strutturato una proposta di politica industriale fondata su tre driver strategici: potenziamento delle infrastrutture e della portualità, modernizzazione dei vettori e delle flotte, investimento nel capitale umano. A supporto, tre fattori abilitanti: risorse finanziarie mirate, semplificazione normativa e amministrativa, e una strategia di comunicazione per rafforzare la cultura nazionale sulla competitività marittima. “È necessaria una visione politica unitaria e sistemica per rafforzare la competitività del Paese e il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e sui mercati globali”, ha dichiarato Zanetti.

Infrastrutture e porti: serve una visione strategica

I porti italiani rappresentano un nodo cruciale per il commercio, il turismo e la logistica. Per renderli competitivi, sostenibili e moderni, Confindustria individua la necessità di investimenti mirati per l’ammodernamento delle infrastrutture, il rafforzamento dell’intermodalità, il potenziamento dei collegamenti ferroviari e la riduzione dell’impatto ambientale. Al tempo stesso, occorre accelerare la digitalizzazione dei processi logistici e autorizzativi, attraverso tecnologie avanzate, connettività 5G e strumenti per migliorare sicurezza ed efficienza.

È essenziale un impiego pieno e strategico dei fondi del Pnrr, orientato a interventi strutturali e tecnologici in grado di aumentare la competitività dei porti. La transizione energetica deve passare dall’elettrificazione delle banchine allo sviluppo di impianti per carburanti alternativi come LNG, idrogeno e biofuels, garantendo nel contempo risorse finanziarie adeguate, ad esempio attraverso la destinazione dei proventi ETS e del credito d’imposta al settore.

Sul piano normativo, serve un quadro chiaro per gestire le comunità energetiche portuali e un piano nazionale per i dragaggi, capace di garantire continuità e operatività. La governance va semplificata e resa più strategica, prevedendo un maggiore coordinamento tra le Autorità di Sistema Portuale, evitando concorrenza interna fra scali e valorizzando modelli partecipativi che coinvolgano le rappresentanze economiche locali nelle decisioni operative. In questa direzione, il Comitato di gestione dei porti potrebbe assumere il ruolo di una vera e propria Conferenza dei servizi.

Infine, si chiede una revisione delle norme sugli aiuti di Stato che salvaguardi strumenti essenziali come Ferrobonus e la Norma Merci; l’inclusione di incentivi infrastrutturali portuali all’interno della ZES Unica e delle Zone Logistiche Semplificate; e misure di sostegno dedicate anche all’ammodernamento dei porti turistici.

Vettori e flotte: competitività e sostenibilità

Il trasporto marittimo italiano è un asset fondamentale per l’economia globale, ma oggi si trova ad affrontare sfide strutturali. Gli attuali strumenti di competitività, come Registro Internazionale e Tonnage Tax, non bastano più. Confindustria propone quindi un forte intervento di semplificazione normativa, riducendo complessità e tempi amministrativi. A ciò si deve affiancare una decarbonizzazione del settore che sia equilibrata, sostenibile ma compatibile con la competitività delle imprese, garantendo accesso concreto ai nuovi carburanti e un utilizzo mirato dei fondi ETS.

È inoltre urgente un allineamento delle regole a livello globale, per evitare squilibri tra la normativa europea e gli standard internazionali, che rischiano di penalizzare la flotta italiana.

Per quanto riguarda la cantieristica navale, dove l’Italia è tra i leader mondiali, è prioritario adottare politiche industriali specifiche per consolidare questa posizione e favorire investimenti in tecnologia e innovazione. Il diporto nautico, invece, soffre di una normativa troppo onerosa: burocrazia e costi elevati stanno penalizzando la bandiera italiana, causando cancellazioni dai registri nazionali. Serve un intervento normativo che semplifichi le procedure e favorisca l’adozione di carburanti alternativi e tecnologie innovative.

Anche il comparto della pesca richiede attenzione: pur nel rispetto dei limiti imposti dalla normativa europea in materia di licenze, è necessario rinnovare le imbarcazioni esistenti per migliorarne la sicurezza, l’efficienza e la sostenibilità, senza aumentare lo sforzo complessivo del settore.

Persone e competenze: colmare il divario

Dal lavoro del Gruppo Tecnico Economia del Mare è emersa con forza una criticità trasversale: la carenza di manodopera qualificata e il disallineamento tra l’offerta formativa e la domanda delle imprese. Per colmare questo gap, è indispensabile rafforzare i percorsi formativi degli ITS e delle università, con un focus mirato su competenze digitali, linguistiche, logistiche e legate alla transizione energetica.

Vanno introdotti incentivi per le imprese che assumono giovani con profili tecnici specializzati, e va promosso un dialogo strutturato tra istituzioni, mondo accademico e imprese per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Inoltre, Confindustria propone di inserire l’Economia del Mare tra le aree tematiche complementari del Piano Mattei, con l’obiettivo di attrarre risorse, attenzione politica e progettualità.

Un percorso strutturato verso Genova 2026 e Napoli 2027

La presentazione del documento segna l’avvio di un percorso concreto e condiviso. Il prossimo 22 settembre, durante il Salone Nautico di Genova, Confindustria riunirà il Gruppo Tecnico Economia del Mare in un incontro aperto a istituzioni, imprese e università, per un confronto operativo e orientato ai risultati. Nel 2026, sarà Genova – con la Regione Liguria – a diventare la prima Capitale dell’Economia del Mare, inaugurando un evento annuale destinato a diventare riferimento stabile per il sistema Paese. Nel 2027, sarà la volta di Napoli e della Regione Campania, a testimonianza della centralità strategica del Mezzogiorno nello sviluppo marittimo nazionale e internazionale.


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