“Cosa avrebbe riservato il destino a me e Giovanni, se non fosse morto così precocemente?”, se lo è chiesto Ilda Boccassini che nel suo ultimo libro si interroga e svela anche particolari inediti sul rapporto che la legava a Giovanni Falcone, il giudice istruttore che conobbe negli anni ‘80 e del quale, come una ragazzina di liceo, pensò, racconta, “comunque è un figo”.
Il libro, “La stanza numero 30”, pubblicato da Feltrinelli, racconta sia Falcone magistrato che l’uomo. “Me ne innamorai. È molto complicato per me parlarne. Sicuramente non si trattò dei sentimenti classici con cui siamo abituati a fare i conti nel corso della vita. No. Il mio sentimento era altro e più profondo, non prevedeva una condizione di vita quotidiana, il bisogno di vivere l’amore momento per momento. Ero innamorata della sua anima, della sua passione, della sua battaglia, che capivo essere più importante di tutto il resto. Sapevo di non poter condividere con lui un cinema o una gita in barca, pur desiderandolo, ma non ero gelosa della sua sfera privata, né poteva vacillare la mia. Temevo che quel sentimento potesse travolgermi. E così in effetti sarebbe stato, perché lo hanno ucciso”.
Seconda rivelazione di “Ilda la rossa” è il vero colore dei suoi capelli, “un normale castano senza infamia e senza lode, ma fin dagli anni della giovinezza mi piaceva tingermi con l’henné, un segno di libertà molto in voga tra le ragazze che negli anni Settanta tenevano alla loro emancipazione e volevano farlo vedere”. E a Giovanni, scrive, “piacevano molto i miei riccioli. Quante volte mi ha detto che i miei occhi ‘erano bellissimi'”.
Sul Corriere si può leggere ancora di un viaggio di lavoro fatto assieme, come come quello fatto in Argentina nel giugno del ‘91, per interrogare il boss Gaetano Fidanzati. “Avevo anche un walkman con una cassetta di Gianna Nannini , che ho imposto a Giovanni per tutta la durata del viaggio. Alcune canzoni mi facevano pensare alla nostra storia e le ascoltai più volte, per ore, stringendomi a lui. In top class non c’erano altri passeggeri, eravamo soli in quel lusso rilassante, la nostra intimità disturbata solo dall’arrivo delle hostess. Rimanemmo abbracciati per ore, direi tutta la notte, parlando, ascoltando Gianna Nannini e dedicandoci di tanto in tanto ad alcuni dettagli dell’interrogatorio e ai possibili sviluppi dell’indagine. Che notte…”.
(Foto: Imagoeconomica)