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Le ultime settimane hanno messo a nudo due realtà difficili per l’Europa. Da un lato, l’assenza di prospettive concrete per una tregua tra Russia e Ucraina, dopo che l’offensiva diplomatica di Donald Trump si è arenata. Dall’altro, una preoccupante escalation di provocazioni russe nei cieli europei, che ha evidenziato la vulnerabilità delle difese e le crepe potenziali nella solidarietà transatlantica. Formiche.net ha chiesto una lettura di questo quadro ibrido ad Antonio Missiroli, già direttore dell’European Union Institute of Security Studies e già assistente del segretario generale della Nato per le emerging security challenges.

Come interpreta gli sviluppi recenti in relazione alla Russia?

Quello che emerge dagli sviluppi delle ultime settimane si può riassumere in due punti. Da un lato c’è l’assenza di prospettive per un cessate il fuoco fra Russia e Ucraina, con le iniziative prese dal Presidente Trump nel corso delle scorse settimane che sono arrivate a un punto morto, tanto che perfino il Presidente, secondo la mia opinione, ha rinunciato a sondare ulteriormente le due parti. Quindi il conflitto continuerà, probabilmente senza svolte drammatiche, nel corso dei prossimi giorni. Dall’altro lato c’è un’evidente escalation di tensioni fra la Russia e i Paesi europei: nelle scorse due settimane abbiamo visto le incursioni dei droni e dei caccia russi nello spazio aereo europeo, accompagnate da un’escalation verbale da parte del Presidente Putin. Con una conseguente crescita di preoccupazione e tensione nelle capitali europee.

Cosa hanno causato questi eventi?

Hanno provocato un senso di sorpresa e di vulnerabilità, legato alla facilità con cui queste incursioni sono state condotte. Ma anche un timore legato alla fragilità della solidarietà transatlantica. È infatti abbastanza chiaro, a mio parere, che le provocazioni che vengono dalla Russia hanno l’intento non solo di testare le nostre difese antiaeree e la protezione delle infrastrutture civili, ma anche di testare la solidità e la coesione delle relazioni transatlantiche. Perché di fronte a un chiamarsi fuori della Casa Bianca rispetto alla difesa europea, gli europei si troverebbero molto più esposti e sono anche a rischio di coesione interna. Diverse dichiarazioni anche in occasione del recente summit di Copenaghen lasciano capire che alcuni Paesi sono forse meno convinti di altri di rispondere a questa escalation.

Il rischio escalation è quindi concreto?

C’è evidentemente un rischio molto forte di quella che in gergo si chiama “miscalculation”, cioè di fare errori di giudizio o di calcolo nel reagire a queste provocazioni. Che potrebbero a loro volta innescare un’escalation che diventerebbe forse più difficile da controllare anche dal punto di vista politico. Il quadro è significativamente peggiorato nel corso delle ultime settimane e rende probabilmente evidente agli europei una situazione di fragilità e di vulnerabilità di cui almeno alcuni paesi europei non erano forse sufficientemente persuasi, convinti, fino a qualche tempo fa. Perfino le operazioni di disturbo e di sabotaggio negli aeroporti tedeschi, nel sistema ferroviario tedesco, dimostrano quanto le nostre società non siano preparate a una situazione di questo tipo che a me piace definire di “unpeace”.

Che cosa intende?

Non siamo né in una situazione di pace, non ci siamo più probabilmente già dall’inizio del conflitto russo-ucraino nel 2022, ma non siamo esplicitamente in una situazione di guerra. Siamo in una situazione ibrida, intermedia, opaca, in cui però noi non siamo ancora preparati a offrire le risposte politiche e operative necessarie.

L’Europa dovrebbe perseguire un approccio più “transazionale” nei confronti degli Stati Uniti, sulla scia di quanto fatto da Kyiv?

L’Europa si trova in una situazione molto complessa perché esiste una situazione di tensione nelle relazioni transatlantiche che copre allo stesso tempo le relazioni economiche e commerciali e le relazioni strategiche, ma anche quelle ideologiche. C’è un sostegno ideologico aperto a sostegno di alcune forze politiche o esponenti politici all’interno dell’Unione Europea per trovare interlocutori propri sul continente europeo, indebolendo la coesione del blocco. Quindi questa è la situazione generale che è una situazione di difficoltà per gli europei, una situazione per la quale non si erano e non sono preparati. E anche gli sviluppi più recenti legati all’Ucraina sono, a mio parere, alquanto ambivalenti.

In che senso?

Dopo la piccola crisi del marzo scorso seguita alla tempestosa riunione alla Casa Bianca fra Zelensky e Trump, sono continuati i rapporti di collaborazione in termini di intelligence tra il Pentagono e le grandi imprese private americane, a cominciare da Starlink, e la controparte ucraina. Quindi questa è la buona notizia. È anche vero però che le forniture di aiuti macroeconomici americani all’Ucraina sono cessate qualche giorno fa, non c’è più un dollaro nel bilancio federale americano destinato all’Ucraina, e le stesse forniture di materiale bellico per combattere contro l’aggressione russa sono ora finanziati dagli europei, non sono più a carico degli Stati Uniti come erano stati durante l’intera amministrazione precedente. Quindi c’è evidentemente un calcolo sì transazionale, ma anche un chiamarsi fuori da parte dell’amministrazione americana rispetto al dossier ucraino.

Dopo tutto l’impegno profuso da parte di Trump?

Forse il Presidente era stato ingenuo nel credere che Putin avrebbe accettato la sua mediazione per un cessato il fuoco, ma non lo ammetterà mai. È anche vero però che dal suo punto di vista, dopo aver minacciato a più riprese sanzioni e interventi contro la Russia, unico paese nel mondo che non è stato un target di sanzioni unilaterali americane nel corso degli ultimi otto mesi non le ha mai messe in atto.

Eppure, la mossa degli europei di sostenere l’onere economico degli armamenti per Kyiv sembra essere stata apprezzata.  

Gli europei sono stati abili nel proporre questo piano a Washington, secondo cui sarebbero stati loro a pagare per la fornitura dell’equipaggiamento militare a Kyiv, resta da vedere quanto tutto questo sarà sostenibile nel caso in cui l’escalation attualmente in corso fra Russia e i Paesi europei, dovesse raggiungere livelli più preoccupanti. Questa è una delle cose che sicuramente Putin sta testando, fino a che punto Trump sarebbe poi disposto a sostenere i Paesi europei nel caso di un confronto. E il rischio di incidenti o di mosse avventate da questo punto di vista è molto forte.

L’Europa si (ri)scopre vulnerabile di fronte alla Russia. La versione di Missiroli

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