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Mancano due giorni all’incontro bilaterale tra il presidente statunitense Donald Trump e quello russo Vladimir Putin. La presenza di Volodymyr Zelensky non è prevista, ma il presidente ucraino si è recato a Berlino per un summit con i partner europei, a cui farà seguito una chiamata con l’inquilino della Casa Bianca. Maksym Yali, professore associato presso il dipartimento di Relazioni Internazionali della National Aviation University di Kyiv, spiega a Formiche.net cosa c’è in gioco sia sul tavolo del vertice in Alaska, sia sul tavolo dell’appuntamento atteso per oggi con i leader europei.

Come interpreta l’incontro di questa sera tra i leader europei e il presidente ucraino?

L’obiettivo principale di questo incontro sarà quello di coordinare le posizioni dell’Ucraina e dei suoi partner europei. Coerentemente con quanto successo negli ultimi mesi, specialmente dopo il famoso incidente alla Casa Bianca, quando il presidente Zelensky ha incontrato di persona Donald Trump e il vicepresidente, episodio che ha portato a un’interruzione (temporanea) del dialogo tra Kyiv e Washington, soprattutto riguardo al cosiddetto “accordo sui minerali”. Dopo quell’episodio, il presidente Zelensky ha incontrato i leader di Gran Bretagna, Germania, Francia e di altri Paesi, i quali hanno mostrato il loro sostegno. Questo perché la questione riguarda anche gli interessi e la sicurezza nazionale dei Paesi europei. Che si sono resi conto che se un’eventuale accordo di pace fosse raggiunto tra Trump e il presidente russo non solo senza la partecipazione, ma anche senza tenere conto degli interessi sia dell’Ucraina che dei Paesi europei, i rischi per la loro sicurezza nazionale sarebbero stati ancora maggiori.

A quali rischi fa riferimento?

Se questa guerra finisse assecondando le condizioni poste dalla Russia, significherebbe che tra pochi anni ci sarebbe una nuova aggressione, probabilmente contro l’Ucraina, ma forse anche contro alcuni Paesi europei. Per questo Zelensky si sta coordinando con i leader europei: il messaggio principale sarà che l’Ucraina, la Francia, la Germania, il Regno Unito e l’Ue nel suo complesso hanno una visione comune, e che dovrebbero partecipare a questi negoziati sulle condizioni dell’accordo di pace.

Quale crede che siano gli obiettivi del presidente Trump riguardo al bilaterale che si terrà venerdì in Alaska?

Trump vuole stringere un accordo di pace con la Russia e porre fine a questa guerra, così da rispettare le sue promesse elettorali, e forse anche per ottenere il Premio Nobel. D’altronde è già stato candidato diverse volte, l’ultima delle quali la settimana scorsa dal presidente dell’Azerbaigian. Ma c’è anche un obiettivo più strategico, che è quello di creare una frattura tra Russia e Cina, con la speranza di riportare Mosca nel “blocco occidentale”. Questo perché senza le risorse nazionali della Russia sarà molto più difficile per la Cina competere per la supremazia globale. L’ispirazione di fondo è quanto fatto dal presidente Nixon negli anni ’70, che attrasse via la Cina dall’Urss. Ma questo, ovviamente, Putin lo sa. E sfrutterà la situazione a suo vantaggio. Esattamente come ha fatto fissando il vertice con Trump.

In che senso?

L’interesse e il motivo per cui questo incontro avrà luogo è dovuto alla scadenza, dell’ultimatum di Trump per l’imposizione di sanzioni secondarie. Sono sicuro che sia stato lo stesso Putin a proporre l’incontro. Trump già voleva questo incontro faccia a faccia per capire se Putin sia veramente intenzionato a fermare o meno questa guerra. E poi, naturalmente, discutere le condizioni in caso di esito favorevole, o almeno apparentemente tale.

A cosa mira invece Putin?

In questo momento Putin non è interessato a fermare questa guerra o a congelare il fronte, perché, come ha dichiarato anche il mese scorso, le sue condizioni riguardano la revoca delle sanzioni occidentali, oltre che l’Occidente e l’Ucraina riconoscano l’annessione della Crimea e delle quattro regioni annesse con referendum nel settembre 2022. Il che, ovviamente, è inaccettabile per l’Ucraina e i nostri alleati europei, perché accettare che i confini possano essere modificati con mezzi militari inviterebbe altri attori a fare lo stesso.

Quali sono dunque i possibili esiti del negoziato?

Dipende. Qualora Putin volesse veramente fermare questa guerra, potrebbe “limitarsi” ad accettare che le truppe ucraine lascino la regione di Donetsk. In quel caso Trump probabilmente farebbe pressione sul presidente ucraino affinché accetti queste condizioni. E questo è uno scenario negativo per l’Ucraina. Se invece Putin chiedesse il ritiro delle truppe ucraine, non solo dalla regione di Donetsk, ma anche dalla regione di Zaporizhzhia e Kherson, queste condizioni sarebbero inaccettabili per Trump, perché per lui sarebbe una sorta di “sconfitta”. E questo avrebbe un impatto negativo su di lui e sul Partito Repubblicano nel contesto delle elezioni del 2026, che si terranno tra poco più di un anno. Tuttavia, già si parla di un altro incontro, quindi è difficile pensare che sarà deciso tutto in Alaska.

Trump, Putin e l’arte del negoziato impossibile. Parla Yali

“Putin non è interessato a fermare la guerra o a congelare il fronte, perché le sue condizioni riguardano la revoca delle sanzioni occidentali”. A due giorni dal vertice tra Usa e Russia e nel giorno della videoconferenza tra il presidente degli Stati Uniti, il presidente ucraino e i leader europei, Maksym Yali, professore associato presso il dipartimento di Relazioni Internazionali della National Aviation University di Kyiv, spiega a Formiche.net i possibili scenari sulla guerra in Ucraina

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