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Al valico dei circa mille giorni del governo Meloni, in un’Italia politica e giornalistica scossa da guerre alle porte di casa e da quella sorta di “mondo al contrario” che si sta realizzando per le azioni di Trump e per le contro-reazioni delle autocrazie, vale la pena fare il punto su come il governo Meloni può procedere nella sua azione facendo tesoro dei semi migliori gettati.

A partire dal discorso di insediamento del premier alle Camere. In quella sede Meloni è stato sostanzialmente il primo presidente del Consiglio ad alzare la bandiera del merito. E proprio sulla base del merito è stata fondata l’Accademia Spadolini del Talento che mi onoro di presiedere. Meloni ha poi introdotto nella denominazione del ministero dell’istruzione il concetto di merito. Un valore presente nella nostra Costituzione, ma sempre aggirato e poco considerato dalla sinistra, salvo alcuni rari casi come è Claudio Martelli. Meloni viene dalla politica giovanile ed è stata ministro della gioventù ed evidentemente nel lanciare con forza questo tema pensa anche alle prospettive dei giovani italiani. In un Paese in cui l’ascensore sociale, specie nel Mezzogiorno, è ancora bloccato proprio perché non funziona la fune cruciale che dovrebbe reggerlo: quella del merito. Ovviamente nei diversi ambiti in cui questo valore e fattore va declinato, il governo non può non incontrare complessità, criticità e difficoltà. Nel settore pubblico e nell’istruzione nazionale i rari esponenti del “Partito del merito” sono scavalcati dal prevalente e diffuso “Partito Nazionale dei Favori”. E la sinistra che ha governato maggiormente negli ultimi dieci anni porta in questo non poche responsabilità. Il punto è come con più forza e determinazione possono essere declinate politiche tese a sostenere e incentivare il fattore e valore del merito, meglio se accoppiato con quello della concorrenza.

Merito e PA

Sta viaggiando nelle corsie parlamentari un “Ddl merito” per affermare criteri più meritocratici nella remunerazione dei dipendenti pubblici. Il ministro Zangrillo sta svolgendo una attività meritoria, ma il problema è a monte. Il corpo amministrativo con cui si confronta è quello che si basa sul “sistema delle spoglie”. Un sistema di selezione e nomina della dirigenza pubblica su base sostanzialmente politica, introdotto durante il governo Prodi nella seconda metà degli anni 90, dall’allora ministro delle funzione pubblica Franco Bassanini, che ha gettato germi pericolosi nell’amministrazione italiana. Occorrerebbe superare questo sistema di selezione della classe dirigente e premiare soprattutto il merito. Mi permetto quindi di suggerire al pur bravo e intelligentemente silenzioso ministro Zangrillo di cercare di affondare più il bisturi nei diversi ambiti della PA per una amministrazione che “costi meno e funzioni meglio” (come era il sottotitolo del progetto di Bill Clinton e Al Gore per la PA statunitense). Ad esempio, Meloni ha trovato un’eredità avvelenata di un apparato della presidenza del Consiglio di ben 5000 tra cui centinaia di dirigenti lì allocati per ragioni di comodo. Mentre fino al 1995 i dipendenti di Palazzo Chigi erano meno di 1000…

Merito, Scuola e università

Un’altra ministra che giustamente non privilegia troppe dichiarazioni è la ministra Bernini che ha fatto fare grandi passi in avanti significativi per la politica del merito nelle università. Così è successo grazie alla riforma del modello su cui si basano i concorsi universitari per la docenza. Così è avvenuto per la riforma dell’accesso alle facoltà di medicina. Che ora avviene sulla base del merito e degli studi e non su quelle lotterie che sono i test. Meno semplice si è dimostrato l’impegno meritorio del ministro Valditara. La cui azione però sta segnando varie tappe positive. L’abolizione sostanziale dell’uso del cellulare a scuola, il ritorno ad una maggiore concentrazione sulla didattica, la recente riforma della maturità, l’impegno a premiare il merito. Il ministro purtroppo ha trovato un’altra eredità avvelenata: la macchina di un ministero fatta da troppi insegnanti e funzionari sindacalizzati e spesso ostili. Con un ministero tendenzialmente retto su basi sindacatocratiche. Il ministro sta cercando di introdurre innovazioni anche nel sistema di selezione degli insegnanti, ma affermare il modello del merito non è semplice. Le direttive e gli indirizzi del ministro, però, dopo una fase necessariamente faticosa stanno penetrando man mano nel sistema della pubblica istruzione. Un’opera non facile che però vede il grande impegno e tenacia, mischiati al coraggio di superare le mode dilaganti, del ministro. Come avvenuto sull’uso del cellulare in classe.

Economia e concorrenza

Non è facile iniettare dosi di meritocrazia nel sistema economico-sociale italiano, specie nel troppo largo corpaccione pubblico senza che si iniettino anche dosi di sana concorrenza. Meritocrazia e concorrenza sono infatti sorelle gemelle. Su questo occorre un cambio di passo da parte del governo perché anche la legge annuale sulla concorrenza che viaggia stancamente nelle corsie parlamentari è decisamente rachitica. Pur dovendo essere un adempimento fondamentale del Pnrr. E qui si pone un problema. La destra almeno nelle componenti di Fratelli d’Italia e della Lega non mostra grande amore verso il concetto di concorrenza. Cui guarda almeno con più attenzione Forza Italia vista la sua matrice liberale. Per dare ossigeno al sistema politico e sociale è necessario, invece, iniettare dosi maggiori di concorrenza. E se da quasi trent’anni l’Italia non cresce è anche questo il motivo.

È fondamentale ciò anche affinché l’Italia non sia più una società “mangiagiovani” che privilegia le rendite e sterili e infruttuose corporazioni.

Il governo Meloni e l'esigenza di affermare il valore del merito. L'opinione di Tivelli

Per dare ossigeno al sistema politico e sociale è necessario iniettare dosi maggiori di concorrenza. E se da quasi trent’anni l’Italia non cresce è anche questo il motivo. L’intervento di Luigi Tivelli, presidente della Accademia Spadolini del Talento

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