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L’ultima genialata arriva da Siena. O meglio, dal Monte dei Paschi di Siena. Meglio ancora: dai vertici dell’istituto del Monte. Anzi: dai consulenti di Mps. Eh sì. L’ultima teoria è la seguente: un azionista di un istituto di credito ha interessi in conflitto con l’istituto in questione. Naturalmente la tesi sarà sorretta dalle più sofisticate, originali e inappuntabili argomentazioni giuridiche. Per carità, d’altronde la tesi arriva da un notaio di chiara fama come il giurista Piergaetano Marchetti. Quindi sulla validità della consulenza a sostegno dei vertici di Mps, che caldeggiano l’urgenza e l’opportunità della ricapitalizzazione di Mps per evitare una nazionalizzazione, non si discute, perdinci. Anche perché si è mai letto un parere che sostiene un parere contrario a quello di chi lo ha commissionato? Nel caso in questione, il vertice di Mps, ovvero il presidente Alessandro Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola.

Marchetti dunque asserisce che “l’interesse del primo azionista di Mps (la Fondazione Mps, ndr) è in conflitto con quello della banca”. Comunque non è peregrina neppure un’altra opinione, questa volta non a pagamento, come quella dell’economista d’impresa Marco Vitale. Vitale in una intervista a Repubblica ha detto: “Conosco e stimo sia Alessandro Profumo che Fabrizio Viola. Costituiscono un management sano e capace, ma gli indirizzi di fondo della banca non dovrebbero competergli”. Insomma, gli indirizzi di fondo (ad esempio se ricapitalizzare o meno una banca) spettano anche e soprattutto agli azionisti, più che al top management. Ecco una bella disputa per economisti d’impresa e accademici di governance aziendali.

Nell’attesa che il dibattito si svolga, è consigliabile ascoltare altre affermazioni di Marco Vitale, che di certo non può essere annoverato fra i marxisti o fra gli ultra keynesiani, o statalisti che dir si voglia. Sentiamo Vitale, che a Repubblica ha aggiunto: “Sono contrarissimo a questa idea di ricapitalizzare con modalità forzate, nei tempi e nella composizione, perché porterebbe il Monte, come già altre aziende italiane, sotto il controllo di grandi banche estere”. Beninteso, precisa Vitale, “non si tratta di campanilismo né di nazionalismi male intesi: ma di evitare che il mondo delle grande banche estere – un sistema criminaloide, lo stesso che ha alimentato la visione bancaria perversa di cui Mps è stata vittima – ora si annetta per intero e a sconto un istituto che per 600 anni ha fatto molto bene”.

Le staffilate del liberale Vitale, comunque, non restano nella stratosfera dell’intelletto ma indicano istituzioni precise. Come quella del governo, anzi del ministero dell’Economia: “Il Tesoro deve sottoscrivere l’aumento che serve, come fatto già dagli inglesi con le loro banche. Si vedrà con il tempo e senza l’assillo di scadenze brevissime come sistemare l’assetto di Mps”, aggiunge Vitale. Morale: “Se i diktat europei sono presi con spirito servile e vile, si finiscono per alimentare i populismi anti euro”.

Ma la prospettiva statale per Mps viene invece paventata dai vertici del Monte. Il Corriere della Sera, infatti, oggi scrive: “La posta in gioco, sottolineano da sempre Profumo e Viola, è la nazionalizzazione della banca, più probabile in caso di rinvio dell’aumento di capitale”. Dalle nuove carte per l’assemblea depositate su richiesta della Consob si capisce meglio quanto forte sia tale rischio: in caso di pagamento dei 329 milioni di interessi sui Monti bond, al prezzo attuale (e in ripresa) di 0,1768 euro, il Tesoro si ritroverebbe in mano a luglio 2014 oltre il 16% di Mps, scrive il cronista Fabrizio Massaro del Corriere. “Rocca Salimbeni – ha aggiunto il Corriere della Sera – in realtà punta a pagare gli interessi con nuovi Monti Bond; ma per farlo serve prima l’aumento di capitale”.

Insomma, da un lato la tesi Marchetti-Profumo (o aumento o morte, ovvero nazionalizzazione) dall’altro lato la tesi Vitale (meglio il Tesoro che farsi commissariare da Bruxelles). Non a caso, infatti, dopo aver eterodiretto il piano di ristrutturazione di Mps Bruxelles si staglia di nuovo all’orizzonte, scrive il Corriere: “Se il piano non andrà avanti, la banca rischia perfino di essere sottoposta alle nuove regole Ue sui salvataggi bancari, che potranno colpire anche obbligazionisti e finanche i depositanti”.

Profumo di Marchetti per Mps

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