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Da un po’ di anni a questa parte dobbiamo registrare il fatto che ogni anno risulta essere sempre più caldo di quello che lo ha preceduto. Lo è stato anche per il 2023 rispetto al 2022 e, molto probabilmente, viste le avvisaglie, lo sarà anche per l’anno in corso.

Lo certifica il rapporto di Ispra “Il clima in Italia” e lo aveva già fatto, a livello globale, quello dell’Ipcc, l’Intergovernal Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, lo scorso marzo. Il rapporto dell’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale “illustra e principali elementi che hanno caratterizzato il clima nel corso del 2023 e aggiorna la stima delle variazioni climatiche negli ultimi decenni in Italia”, anche nel contesto climatico globale ed europeo. Fornisce, inoltre, “approfondimenti sul clima a scala nazionale, regionale e locale, e sugli aspetti e sugli eventi idro-meteorologici e meteo-marini più rilevanti e più critici che si sono verificati nell’anno passato”. L’obiettivo è fornire utili elementi di conoscenza per tecnici, decisori politici e cittadini.

Il 2023 è il decimo anno consecutivo con temperature più alte rispetto alla media; salgono i valori di quelle più basse rispetto al “valore climatologico” del periodo 1991-2020: mai così alte le temperature minime giornaliere con un +1,20°C, la più elevata della serie storica. Ottobre il mese relativamente più caldo (+3,27°C); marcate anomalie superiori ai due gradi si sono registrate anche a luglio e settembre. Le ondate di calore sono state registrate soprattutto nella Sardegna sud-orientale con picchi di oltre 48 gradi. Anche la temperatura dei mari ha fatto registrare un aumento di quasi un grado rispetto alla media del periodo storico.

Dopo il grave deficit di precipitazioni registrato nel 2022 (-22%) quelle cadute nel 2023 risultano quasi nella media (-4%), “con una prevalenza di anomalie negative mensili”, da luglio a dicembre al Sud e nelle Isole, i mesi più secchi sono stati febbraio (-46%) e settembre (-51%), mentre quelli più piovosi maggio (+143%) e giugno (+77%). Particolarmente disastrose sono state le alluvioni che hanno colpito l’Italia centrale, in particolare in Emilia Romagna e in Toscana, che hanno causato 25 vittime, piene eccezionali, migliaia di frane e danni gravissimi su tutti i territori. “Le precipitazioni eccezionali in Emilia Romagna e in Toscana, come quelle scarse in Sicilia e in Calabria, sono emblematiche di un’estremizzazione del clima mediterraneo”.

Siccità e crisi idrica hanno continuato a interessare il nostro Paese anche nel corso dell’anno appena trascorso, sebbene in maniera diversa rispetto alla situazione critica del 2022: “una disponibilità di risorsa idrica inferiore del 16% rispetto al valore medio 1991-2020”. In particolare al Nord e al Centro i primi quattro mesi “sono stati caratterizzati da situazioni di siccità severa ed estrema”, che si è andata progressivamente attenuando verso fine anno. Al contrario, in Sicilia e Calabria, proprio gli ultimi mesi, che generalmente sono i più piovosi, sono stati caratterizzati da “un consistente deficit di precipitazioni che ha determinato una condizione di siccità estrema”.

Anche la disponibilità di risorsa idrica conferma il trend negativo registrato da diversi anni in Italia. Questa disponibilità è di poco superiore al 112 miliardi di metri cubi, con una riduzione di circa il 18% della disponibilità media annua dello stesso periodo 1951-2023, “risultato dell’effetto combinato di un deficit di precipitazioni e di un incremento dei volumi di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno”. L’Italia, insieme alla Francia e alla Svezia, è fra i primi Paesi in Europa per maggiore disponibilità di acqua, ma è anche quello che ne consuma di più e con il, più alto stress idrico, l’indicatore con cui si misura se un territorio utilizza troppa acqua rispetto a quella di cui dispone. Secondo gli studiosi, i prelievi di acqua non dovrebbero superare il 20% della quantità disponibile. Nel nostro Paese il Centro e il Sud superano l’80% come media annua, mentre al Nord si attesta tra il 10 e il 40%.

Tutta questa serie di condizioni climatiche ha favorito l’espandersi degli incendi boschivi. Sempre secondo ISPRA, le superfici bruciate sono state più del 36% rispetto al 2022, oltre mille chilometri quadrati, quasi un terzo della Valle D’Aosta, in calo al Nord e al Centro, in aumento al Sud e nelle Isole. Solo 15 regioni su 20 sono state interessate da grandi incendi boschivi. Si sono salvate Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche e Umbria. La provincia maggiormente colpita è stata quella di Palermo che da sola rappresenta il 43% del totale forestale regionale bruciato e ben il 28% di quello nazionale. I quattro giorni “infernali” sono stati quelli tra il 24 e il 28 luglio, quando sono bruciati circa 80km2 di superficie boschiva, quasi la metà di quanto bruciato in tutto l’anno.

Anche a livello globale il 2023 è stato l’anno più caldo dal 1061, sia considerando la temperatura media della superficie degli oceani che la temperatura delle terre emerse, superando, rispetto al periodo pre-industriale per vari mesi la soglia di 1,5°C indicata dagli Accordi di Parigi del 2015 come obiettivo da non superare per contenere gli impatti dei cambiamenti climatici. “Le anomalie termiche mensili, ricorda il rapporto, si sono intensificate nella seconda parte dell’anno, quando ogni mese è risultato il più caldo della rispettiva serie. In particolare, luglio e agosto sono stati i più caldi mai osservati, così come l’estate boreale meteorologica (da giugno ad agosto) nel suo insieme”. Particolarmente intense le ondate di calore marine sono state registrate nel mese di luglio nel Bacino del Mediterraneo. Con “devastanti conseguenze per gli ecosistemi marini e la biodiversità, nonché significativi impatti per le industrie attive in queste aree, da quella della pesca e acquacoltura a quella del turismo”.

Le alte temperature registrate nel 2023 hanno anche accelerato la fusione dei ghiacciai. “Si è stimato che la massa totale persa dai ghiacciai abbia raggiunto un nuovo valore record di 600 Gt di acqua, pari a una perdita media di 1,1 metro di spessore”. Un valore superiore di circa 100 Gt a qualsiasi altro valore annuo stimato dal 1979 ad oggi. In Europa, secondo quanto emerge dal rapporto sullo stato europeo del clima del Copernicus Climate Change Service, nel 2023 è stato registrato un numero di giorni di neve inferiore alla media, in particolare sulle Alpi durante l’inverno e la primavera dove i ghiacciai hanno perso il 10% del loro volume.

In occasione delle elezioni europee, la comunità scientifica internazionale ha sottoscritto un appello rivolto a “tutte le famiglie politiche europee” per sottolineare che “poter scegliere il futuro del nostro continente dipende anche dall’affrontare la crisi del clima e della biodiversità”. Occorre agire per contrastare “eventi climatici sempre più estremi”, una “crescente incertezza economica ed alimentare” che assorbiranno sempre più risorse “privandoci proprio della libertà di scegliere liberamente il nostro percorso nel futuro”.

Come è cambiato il clima in Italia secondo Ispra. Il report

Il 2023 è il decimo anno consecutivo con temperature più alte rispetto alla media; salgono i valori di quelle più basse rispetto al “valore climatologico” del periodo 1991-2020: mai così alte le temperature minime giornaliere con un +1,20°C, la più elevata della serie storica. Ottobre il mese relativamente più caldo (+3,27°C). Tutti i dettagli nel Report Ispra

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