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Tabula rasa. Più si avvicina l’anniversario dei disumani massacri del 7 ottobre compiuti da Hamas nel cuore di Israele, e più l’esercito e l’intelligence di Gerusalemme intensificano l’azzeramento delle milizie islamiche palestinesi, libanesi e yemenite organizzate dal regime islamico iraniano per compiere attacchi concentrici contro lo stato ebraico.

Durante la notte Israele ha lanciato quella che definisce un’operazione di terra “limitata” nel Libano meridionale, lanciando anche attacchi sulla capitale libanese, il sud del Paese ed in Siria, contro le basi delle milizie hezbollah.

Lo scenario strategico è molto più vasto. Tre gli obiettivi dell’Idf, l’Israeli defense forces: il più urgente è quello di creare una vasta zona di controllo e ammortizzazione degli attacchi dei miliziani filo iraniani. Una zona di protezione delimitata dal fiume Litani, dal Mediterraneo a Kafr Kila.

Contemporaneamente l’aviazione israeliana eliminerà ad una ad una nello Yemen le postazioni e i bunker utilizzate dagli Houthi per colpire con missili e droni di fabbricazione iraniana i mercantili diretti o provenienti dal Canale di Suez in transito sul Mar Rosso.

L’ultimo determinante obiettivo strategico, di più vasta portata e temporalmente ancora non messo a punto, è quello dell’attacco diretto a Teheran per destabilizzare e fare crollare il regime degli Ayatollah che da 45 anni tengono in ostaggio il Paese e sono sul punto di realizzare ordigni nucleari.

Secondo il settimanale inglese The Economist, dopo l’uccisione di Hassan Nasrallah e la decapitazione dell’intero vertice degli Hezbollah e di Hamas, il presidente iraniano Ali Khamenei potrebbe annullare la decisione di utilizzare la ricerca nucleare solo per scopi energetici escludendo la realizzazione di armi nucleari.

Realizzazione che il grande numero di sofisticate centrifughe per purificare l’uranio di cui dispone il regime rende possibile in tempi relativamente brevi. La minaccia atomica iraniana sta spingendo Israele ad accelerare i tempi dell’azzeramento concentrico della rete terroristica creata da Teheran, quella costituita da Hezbollah, Hamas e Houthi per poi passare all’intervento diretto contro il regime per bloccare definitivamente il programma nucleare e liberare gli iraniani dal feroce regime fondamentalista, come ha più volte ripetuto nelle ultime ore il Premier israeliano Benjamin Netanyahu.

Con l’amministrazione americana del Presidente Biden impegnata nel travaglio delle elezioni per la Casa Bianca del 5 novembre, lo stallo della fallita invasione scatenata dalla Russia di Putin contro l’Ucraina, uno stallo che espone sempre più il Cremlino, e le profonde divisioni del mondo arabo fra sciiti e sunniti, Israele ha lanciato un’offensiva globale di autodifesa per liberarsi dall’assedio del terrorismo iraniano.

Un’offensiva vitale che, dietro le quinte, viene condivisa e appoggiata, dall’Occidente in allarme per le gravissime conseguenze economiche del blocco del Mar Rosso minacciato dagli Houthi, ma anche dai Paesi arabi sunniti nemici mortali del destabilizzante regime sciita dell’Iran.

La tabula rasa a cui mira Gerusalemme è in realtà una corsa contro il tempo per scongiurare il rischio che con l’apporto russo e nord coreano, interessati a destabilizzare l’Occidente incuranti delle immani conseguenze per l’intero pianeta, l’Iran disponga di ordigni nucleari e con l’alibi della rappresaglia li scagli contro Gerusalemme.
Un incubo che assieme al Medio Oriente tiene il mondo col fiato sospeso.

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