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Il Corridoio Marittimo Internazionale Eurasiatico (Imec) è destinato a diventare una svolta nel panorama globale, rappresentando un progetto “monumentale” (aggettivo usato da Joe Biden mentre lo presentava al G20) di infrastruttura e connettività volto a migliorare l’integrazione transcontinentale tra Asia, Golfo Arabico ed Europa.

Spesso indicato come il “rimland eurasiatico” o come “Indo Mediterraneo” (in continuità occidentale con l’Indo Pacifico) cerca di sfruttare la potenza dei flussi commerciali, tecnologici ed energetici per stimolare lo sviluppo economico su una scala senza precedenti. “Nel suo nucleo, rappresenta una visione della connettività che potrebbe rivaleggiare con le rotte marittime esistenti, ridefinendo le dinamiche del commercio globale”, ha spiegato Mohammed Soliman, director al Middle East Institute e uno dei primi strateghi a discutere del corridoio Imec, già nel 2020. Questo ambizioso progetto mira a creare una rete ininterrotta che colleghi regioni dell’Asia, del Medio Oriente e dell’Europa.

L’attuazione di un progetto di tale portata su più continenti presenta una pletora di sfide. Innanzitutto, l’Imec deve confrontarsi con le rotte marittime esistenti, che da tempo rappresentano la linfa vitale del commercio globale. Superare il dominio consolidato di queste rotte — come quella per Suez — richiederà sforzi e risorse significative. Le tensioni geopolitiche in Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale rappresentano un ulteriore ostacolo — a due giorni dal lancio ufficiale, ci sono già le difficoltà poste dalla Turchia, per esempio,2 che pianifica un proprio corridoio passante per l’Iraq noto come “Development Road Project”. La gestione di complessi problemi logistici e di trasporto su terreni vasti e diversi complica ulteriormente l’impresa. “Le controversie regionali, che covano da decenni, devono essere gestite con attenzione per garantire il successo del progetto”, aggiunge Soliman.

Nonostante queste sfide, l’Imec promette molto bene. I benefici economici derivanti dall’aumento del commercio e della connettività sono innegabili. “L’Imec non dovrebbe essere vista come rivale dell’Iniziativa Belt and Road (Bri) della Cina, ma piuttosto come una piattaforma che offre ai Paesi più opzioni per le loro strategie economiche e geopolitiche”, spiega il direttore del Mei.

L’Italia, con i suoi legami storici con l’Asia occidentale, si trova a un crocevia di opportunità nel progetto Imec. Tradizionalmente, spiega l’esperto statunitense, l’Italia ha mantenuto relazioni positive in questa regione, ma ha faticato a elevare la sua influenza per adeguarla al suo potenziale. “L’adesione all’Imec è una mossa fondamentale nella strategia italiana di rafforzamento dei legami con il Golfo e l’India. Partecipando, Roma segnala il proprio impegno ad espandere la propria impronta geopolitica ed economica sia a livello regionale che in Asia”.

La partecipazione dell’Italia all’Imec rappresenta anche una svolta rispetto alla precedente associazione con la Bri. Non è così? “L’uscita dalla Bri consente a Roma di impegnarsi in progetti infrastrutturali alternativi e in iniziative economiche più in linea con i suoi interessi strategici. Questa diversificazione dei partenariati non solo riduce la dipendenza dell’Italia da un’unica iniziativa, ma apre anche nuove vie di collaborazione”, risponde Soliman.

Ciò che emerge è che “Roma ha il potenziale per sfruttare la sua partecipazione all’Imec per migliorare la sua posizione regionale e globale, promuovere la crescita economica e contribuire allo sviluppo di questo significativo corridoio transcontinentale”. Le sfide sono formidabili, ma le potenziali ricompense sono altrettanto sostanziali, rendendo il coinvolgimento dell’Italia nell’Imec un imperativo strategico.

Questa analisi è parte di “Indo Pacific Salad”, la newsletter curata da Emanuele Rossi che si occupa di Indo Pacifico. Per accedere ai suoi contenuti esclusivi, basta iscriversi attraverso l’home page di Formiche.net

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