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I viaggi di Kim Jong Un fuori dai confini della Corea del Nord si contano sulle dita di una mano. Per correre il rischio di uscire dal territorio dello Stato da lui controllato (in ogni senso letterale del termine), il dittatore nordcoreano deve avere motivi più che validi. Proprio per questo il meeting bilaterale che Kim avrebbe in programma nel mese di settembre con il presidente russo Vladimir Putin si prospetta essere estremamente rilevante.

Secondo le fonti disponibili l’incontro trai due leader, che dovrebbe avere luogo nella città russa di Vladivostok (anche se non si esclude la possibilità che Kim possa spingersi fino a Mosca), sarebbe finalizzato a portare ad un livello superiore la cooperazione militare già esistente tra i due Paesi: in cambio di una fornitura estensiva di proiettili d’artiglieria e missili controcarro coreani, fondamentali per proseguire lo sforzo d’attrito attualmente in corso in Ucraina, Mosca fornirebbe a Pyongyang una parte del proprio know-how riguardante satelliti e sottomarini a propulsione nucleare.

Uno scambio in cui il risultato è superiore alla somma degli addendi. In questo modo infatti entrambi gli attori coinvolti supportano l’altro partner nella lotta al grande e comune nemico americano, spostando risorse su fronti dove non si è impegnati direttamente (come nel caso della Corea del Nord) o allargando i fronti in questione (come nel caso della Russia).

Così ha commentato la questione il portavoce del National Security Council statunitense John Kirby: “In base a questi potenziali accordi, la Russia riceverebbe quantità significative e diversi tipi di munizioni dalla Corea del Nord, munizioni che l’esercito russo utilizzerebbe in Ucraini. Questi potenziali accordi potrebbero anche includere la fornitura di materie prime che aiuterebbero la base industriale della difesa russa. Esortiamo la Repubblica Democratica Popolare di Corea a cessare i negoziati sulle armi con la Russia e a rispettare gli impegni pubblici assunti da Pyongyang di non fornire o vendere armi alla Russia”.

Non vi sono ancora conferme ufficiali riguardo a quest’incontro. Al riguardo, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha detto: “No, non possiamo confermarlo, non abbiamo nulla da dire su questo tema”. Questo appuntamento avrebbe luogo a poche settimane di distanza dalla visita ufficiale in territorio coreano del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, durante la quale la possibilità di incrementare il grado di cooperazione in ambito militare tra le due potenze sarebbe già stata discussa.

Lo stesso Shoigu, in un’intervista rilasciata in data 4 settembre, avrebbe suggerito l’idea che le forze armate nord-coreane potessero prendere parte alla serie di esercitazioni congiunte che la Russia sta portando avanti con la Repubblica Popolare Cinese già da qualche tempo. “Discutiamo di questo con tutti, anche con la Corea del Nord. Perché no? D’altronde, sono i nostri vicini. Un vecchio detto russo dice che non si scelgono i propri vicini e che è meglio vivere con loro in pace e armonia. […] Ma ne stiamo ancora discutendo”, sono le parole esatte rivolte dal ministro russo ai giornalisti.

Pochi giorni prima dell’intervista di Shoigu, l’ambasciatore russo a Pyongyang Alexander Matsegora, ha dichiarato ai media statali russi che la partecipazione della Corea del Nord alle esercitazioni militari insieme a Russia e Cina sarebbe una risposta “appropriata” alle esercitazioni militari condotte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nella regione.

Parole che subcomunicano l’esistenza di un blocco continentale comprendente Federazione Russa, Repubblica Popolare Cinese e Corea del Nord, la cui esistenza è finalizzata a combattere l’egemonia americana ed occidentale tanto in Europa quanto, soprattutto, nella regione dell’Indo Pacifico. Teatro dove la competizione tra i due blocchi è destinata a raggiungere il suo apice.

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