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I mercati hanno detto sì, le agenzie di rating anche. E, adesso, anche l’Europa a cui di fatto spetta sempre l’ultima parola, se non altro per la sua capacità di condizionare l’umore degli investitori. Bruxelles ha detto la sua sulla manovra italiana, dando una sostanziale promozione, anche se non sono mancate le annotazioni a piè di pagina. Per Palazzo Chigi è comunque un buon risultato, soprattutto in

Ebbene, secondo la Commissione europea, la finanziaria scritta da Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni non è pienamente in linea con le raccomandazioni Ue. Il che non equivale a una bocciatura, ma nemmeno a una promozione piena. Sotto la lente, infatti, c’è il deficit previsto per il 2024, la cui asticella è stata innalzata dall’esecutivo al 4,3%. Per Bruxelles tale cifra non sembra garantire una traiettoria di rientro del debito sufficientemente angolata. Anche l’andamento della spesa netta primaria è sotto osservazione, dal momento che salirà a livelli molto più alti del previsto. Ora, Bruxelles aveva chiesto di contenere l’aumento della spesa entro l’1,3% tra il 2023 e il 2024 e, numeri alla mano, l’Italia sembra rispettare questa indicazione.

Ma il livello della spesa attuale è molto più alto di quello previsto prima dell’estate ed è questa discrepanza ad aver condotto l’esecutivo europeo a formulare il suo giudizio. La ragione sarebbe legata alla contabilizzazione delle spese del Superbonus e in ogni caso la Commissione chiederà all’Italia e agli altri Paesi che sono nella stessa situazione di tenersi pronti a prendere le necessarie misure. In ogni caso, l’Italia, ​che assieme a Austria, Germania, Lussemburgo, Lettonia, Malta, Olanda, Portogallo e Slovacchia, ​figura nella categoria intermedia dei Paesi non pienamente in linea con le raccomandazioni di bilancio, risultano dunque virtualmente già promossi.

Bruxelles “prevede che il disavanzo di bilancio nominale dell’Italia sarà al 4,4% del Pil nel 2024, al di sopra del valore di riferimento del Trattato (di Maastricht, ndr) pari al 3% del Pil, e il rapporto debito pubblico/Pil al 140,6% nel 2024, al di sopra del valore di riferimento del trattato del 60% del Pil, ma 6,5 punti percentuali al di sotto del rapporto debito-Pil di fine 2021″. Dunque?

La Commissione “proporrà al Consiglio di avviare procedure per disavanzo eccessivo basate sul disavanzo nella primavera del 2024 sulla base dei dati di risultato per il 2023, in linea con le disposizioni giuridiche esistenti. Gli Stati membri sono stati invitati a tenerne conto nell’esecuzione dei bilanci 2023 e nella preparazione dei documenti programmatici di bilancio per il 2024”. C’è da aspettarsi, quindi, nella prossima primavera, che l’Europa chieda l’apertura delle procedure per deficit eccessivo per l’Italia e per tutti gli altri Paesi (almeno altri otto) che superano il valore di riferimento del 3% rispetto al Pil.

Tra le altre annotazioni, la Commissione rimprovera all’Italia di non aver usato per il consolidamento di bilancio il risparmio previsto per il 2024 a causa dalla fine delle misure di compensazione dei rincari energetici, un risparmio pari a circa l’1% del Pil, che è stato usato invece per aumentare la spesa pubblica.

Insomma, spesa primaria e debito restano i due punti deboli del bilancio italiano. E c’è da aspettarsi che ora che l’Italia ha incassato questa sostanziale promozione, si presenterà più forte al negoziato, stavolta decisivo, all’Ecofin del 7 dicembre per la riforma del Patto di stabilità. La diplomazia di Giorgetti è già a lavoro. Il responsabile di Via XX Settembre ha incontrato a Parigi il suo collega Bruno Le Maire, reduce dai colloqui della scorsa settimana con Christian Lindner, il ministro delle Finanze tedesco che finora si è opposto a un eccessivo annacquamento delle regole di bilancio. E proprio il tedesco accoglierà domani a Berlino il ministro italiano. Obiettivo, arrivare a dicembre con un’intesa politica in mano.

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